giovedì 30 maggio 2013

Il mio migliore amico.


Il mio migliore amico "maschio"si chiama Giuseppe. E' una persona speciale, è uno psicoterapeuta e ora vive sul lago di Como e ha un bellissimo bimbo di nome Carlo. E sfatiamo pure un luogo comune del bip " l'amicizia tra uomo e donna non esiste". Esiste eccome se esiste. Ora vive lontano da me, ma fino a un pò di anni fa, viveva qui, vicino a me, ed eravamo inseparabili, un pò come la salsa yogurt e quella piccante nel kebab. Divago volutamente. Questo paragone mi giunge insolito, perchè io il kebab fino a qualche sera fa l'ho gustato nella vaschetta con la maionese e l'insalata, e invece adesso trovo ingredienti imprescindibili dal kebab la salsa yogurt e il piccante. La vita è strana ed io pure.
 Anzi quella sera lì, la mia cara amica Eliana, mentre vicino al camioncino delle meraviglie, (perchè scusate, ma con tanto di cappello per le cene di ogni tipo, per me " il paninaro" resta il paninaro), mentre facevo la mia ordinazione, elencando nell'ordine " lattuga, rucola, pomodori, maionese", lei mi guardava con un'espressione di chiaro disappunto fino a proferire le parole << ... a Istambul ti avrebbero già mandata a quel paese>>.
Poi la morale è che in macchina ho divorato il mio di kebab, ma continuavo a tenere fissi gli occhi sulla sua vaschetta, quindi lì ho avuto la rivelazione: al kebab non devono mancare salsa yogurt e piccante, punto. Torniamo a Giuseppe. E' una di quelle persone nella vita che ogniqualvolta ti girerai da una parte, la troverai esattamente dalla parte verso cui ti sei girata.  E' un'amicizia importante la nostra, cresciuta negli anni, lo conosco da quando ero piccola, andavo a scuola, in quei tempi frequentavo la prima liceo scientifico, mi pare di ricordare, e non dimenticherò mai che passavo da casa sua con mia mamma, gli suonavo il clacson della macchina, lui usciva e saliva in macchina con noi, e partivamo alla volta della scuola, mamma che godimento, quel tragitto era una sequenza tragicomica del miglior film mai girato, ridevamo, ci insultavamo, ci beccavamo di continuo, intonavamo canzoncine allegre, e mia madre rasentava l'imbiancata dei capelli in testa, ma noi a dispetto di tutto, ci divertivamo come matti. Ci siamo sempre divertiti. E siamo cresciuti così, sono passati gli anni così, tra giochi, confidenze, risate. Eravamo complici, sempre, e quando litigavamo durava un secondo, e un secondo di quelli nani.  
Ricordo ancora, quando con la bicicletta veniva  a casa, ci chiudevamo nello studio e ci raccontavamo il mondo, lui mi raccontava le sue tresche, le sue cose ed io le mie, e già li io mi dilungavo di più, lui vedeva le cose da ragazzo, e si sa, gli uomini vengono da Marte e le donne vengono da Venere, però ci capivamo, eccome se ci capivamo. Una sera d'estate, insieme ad altri nostri amici siamo andati al mare, e dopo aver bevuto, proprio tanto, ci siamo appesi alle fronde dei salici a penzolare, ricordo che quella sera c'era una tempesta in corso, il mare era furibondo e spumeggiava violento e noi con lo stereo a palla penzolavamo dai salici, poi tutti in macchina e a tutta birra a correre sul pontile con i finestrini aperti. Se penso a quei momenti meravigliosi, sento quanto era libera, felice di respirare la furia del mare, di sentire l'acqua bagnarmi la faccia e quei momenti lì mi mancano, mi manca quella incoscienza, mi manca quella libertà, (che pur mi appartiene, perchè sempre e comunque, mi lascio vivere, mi ascolto e mi accolgo), quei momenti lì sono stampati a fuoco nella memoria e non si cancellano, e ogni volta che li rispolvero è come sentirne ancora l'odore e il sapore.
Le feste che organizzavamo pazze e sregolate, le serate d'estate passate nel parco sull'erba a fumare, a bere birra, a ridere, a gossippare, o per meglio dire, a fare taglio e cucito, per poi sdraiarsi e guardare le stelle e continuare a raccontarsi. Ricordo con nitidezza, e mi vengono i brividi se ci penso, una sera bellissima e sfigatissima insieme, era estate, credo Agosto, e decidemmo di andare ad una festa reggae sulla spiaggia, quella sera là, ad un certo punto venne giù uno di quei temporali estivi, con annesso acquazzone, e dopo esserci sorbiti sul litorale gallipolino una di quelle file apocalittiche, con tanto di clacson impazziti, tipi che scendevano dalle auto, sperando vanamente di risolvere qualcosa, (come se scendere facesse di colpo spuntare le ali alle macchine),   usciti miracolosamente dall'ingorgo infernale, ci siamo diretti verso il Fico d'India, la pioggia era cessata e decidemmo, ancora con quella sana e leggera incoscienza che ci animava, di addentrarci nel parcheggio, che come è risaputo si colloca in un fondo, la terra era rossissima, fresca di pioggia, l'odore era acre e forte,  e noi  volevamo ballare. Al Fico c'era un pò di gente che ballava e noi ci addentrammo nella fanghiglia e parcheggiammo alla cazzo, sottolineo. Io quella sera avevo indossato delle ballerine con un pò di tacco, molto carine, nuove di negozio. Scendemmo al Fico, bevemmo un pò di sangria, ci sedemmo, ricordo, non ballammo, e chiaccherammo fino all'alba quasi, poi arrivato il momento di tornare, ci accorgemmo, con sommo dolore, che la macchina era rimasta con le ruote nella terra rossa, e ovviamente serviva la collaborazione e lo sforzo di tutti per venirne fuori. Qualcuno ci venne in aiuto, e tutti a spingere, con le gambe sporche di terra rossa fino alle ginocchia, le mie scarpe erano uno schifo. Fu però una serata bellissima, densa di pioggia e di terra e con le mie scarpe nuove da buttare.
Mi lasciarono a casa che erano le 5 e mezza, sporca come uno scaricatore di porto, ero felice però, ebbra di odore di terra fresca. Poi il tempo è trascorso, ma noi siamo rimasti uniti, mi sono persa con tutti gli altri, a volte è inevitabile perdersi, ma non mi sono persa con lui, mai. La cosa bella è che con lui ero sempre a mio agio, anche con la faccia lavata di sapone, i capelli scarmigliati e gli occhiali da vista, con lui era sempre tutto in ordine. Mi ha trasmesso il mio viscerale amore per il Grigna, lo intona alla perfezione.
Ci sono delle persone che incontri e che ti restano dentro e non se ne vanno, e non c'è un motivo, un perchè, è così e basta. Giuseppe c'è sempre, se una giornata va storta, se sto male per qualcosa o qualcuno, se ho un pensiero, un dispiacere, prima che io lo chiami, lo fa lui, e non lo può sapere come sto, eppure forse lo sente e mi precede. Questo è un amico. Non gli chiedi di esserci, c'è e basta. Riguardando quelle foto, mi accorgo di quanti anni sono passati, di quanto ero incosciente e felice. Sono rimasta felice, forse però meno incosciente. Ci sono delle cose che non tornano, e non torna più il tempo per viverle. Ecco perchè bisogna, ogni tanto, depositare i fardelli, stoppare con la quotidianità e aprire un'incosciente, adrenalinica e libera parentesi di fuga.

Nessun commento:

Posta un commento