martedì 21 maggio 2013


IL SAPORE DI UN’ILLUSIONE



E' una sensazione nuova, è come se la conoscessi da sempre, eppure la sto provando per la prima volta, non mi fa paura, mi fa male, si, ma non mi scopre fragile e vulnerabile per quanto vada a scavare nel profondo di me stessa, quello sconfinato profondo che non avevo mai esplorato.  Mi vede in lacrime e con un magone che non mi molla, ma non mi rompe, forse mi spezza, mi devasta, mi cambia, ma non mi rompe. NON la vedo soltanto, non è bella a vedersi, per quanto possa ingannevolmente apparire affascinante, la scorgo lì rannicchiata in quell’angolo, bellissima eppur spaventata, in tutta la sua fierezza, una luce fioca che entra nella stanza ne disegna una sagoma confusa proprio lì, sulla parete destra, in quell’ oscurità che ne nasconde la presenza. Una fronte pallida e spaziosa, un profilo regolare incorniciato da capelli corvini raccolti a regola d’arte e un corpo perfetto, esile, quasi diafano disegnato dalle mani di un pittore, appena desto dal sogno! NON parla…non si muove…solo quel buio e quel silenzio sanno ascoltare la sua voce, che non ha alito di vento! NON piange, i suoi occhi lasciano intravedere uno smarrimento,un dolore, che non ha lacrime, non più. Ha vinto l’istintivo sfogo del pianto, ha vinto se stessa, che adesso è li senza soluzioni, senza più certezze, eccetto l’unica che brucia sulla pelle come un tizzone al fuoco, lo stesso fuoco che gli era divampato dentro, gli era esploso nel petto quella sera, a quel ballo, e che ora più di sempre sapeva di illusione, amara illusione! NON si ricorda più di essere stata a quel ballo…ah..quel ballo…quella sera… lontana, una chimera che fugge ormai in quell’ oscurità!…Quel ballo…e adesso lei dondola una musica muta, da sola, tenuta tra le braccia da quella fredda parete..e quel ballo..le sue braccia che quella sera la cingevano in una stretta dolcissima, nulla suggeriscono più! Da quanto aveva aspettato quel momento, da quanto attendeva, bramava quell’abbraccio…un appassionato, infinito e fiabesco bacio di quel principe azzurro…di un azzurro che adesso andava sbiadendo…e quella Favola mai scritta sentiva non appartenerle più…le aveva tenuto compagnia in un sogno, in quella notte di magia, quel ballo, dove tutto poteva vincere la realtà, beffare l’ illusione e diventare possibile.

Possibile…adesso utopia…
Possibile..adesso illusorio
Possibile..adesso evanescente
 
Quella luce, via via sempre più fioca era la sua unica compagna in quella notte triste, la candela andava lentamente consumandosi e quella flebile fiammella a spegnersi. Ormai anche il disegno della sua sagoma sul muro appariva riconoscibile a stento e invece incalzavano violenti, confusi, senza annunciarsi, i pensieri, i ricordi, immagini colorate e sbiadite di un passato presente.
Si vedeva lì in quella sala, avvolta in quel vestito di broccato rosso, ampio, maestoso a volteggiare sulle punte delle sue scarpette dorate scelte per l’ occasione e vedeva ancora davanti agli stessi occhi, che però non brillavano più quell’ uomo, quello dei suoi sogni – pensava!
Aveva la sguardo fiero quell’ uomo e i suoi occhi cerulei più volte avevano trafitto i suoi, quegli occhi - ormai due punti di luce isolati in quell’ oscurità.
Era bellissimo quell’uomo, forse lo era solo per lei, solo la sua immaginazione lo aveva dipinto così, lei aveva voluto vederlo così, dolce, forte, deciso, innamorato di lei al primo sguardo.  - Il primo sguardo lo ricorda bene, lei si apprestava a scendere la scalinata della sala incartata nel suo abito rosso e lui l’aveva notata, non aveva resistito di fronte a tanto fascino, di fronte al mistero che quella donna mai vista prima gli aveva destato appena scesa nella sala, era come se sapesse che da quell’istante, qualcosa sarebbe cambiato e lei non avrebbe potuto più fare a meno di quegli occhi.
Quei capelli corvini, gli stessi che adesso sono quasi paralizzati da un fermaglio che li stringe, quella sera fluttuavano lucidi, quasi come seta ad ogni passo, ad ogni movimento, e quei seni che adesso sembrano scomparire in una finissima veste che li offusca, quella sera stretti e voluttuosi facevano sfoggio dal corsetto di broccato e lasciavano adito ad ogni golosa fantasia che rifugge impavida ogni pudicizia.
Eppure lei aveva visto solo lui, come se il resto della sala in quel frangente scomparisse d’ un tratto, ed era sola e lui la cingeva, la faceva volteggiare sulle dolcissime note di un valzer, che nei suoi silenzi le appartiene ancora e lei balla ancora nel suo abito rosso, da sola!
Ed era stata tra quelle braccia, quegli occhi l’ avevano trafitta e tutto era durato solo la magia di un valzer… e poi le luci improvvisamente nella sala si erano spente, la musica era cessata, e lui, il suo misterioso principe che l’ aveva resa schiava con un solo sguardo aveva lasciato la sala senza un cenno, senza un sorriso, si era dileguato.
Avrebbe voluto lasciar cadere quel fazzoletto di seta dorata che recava le sue iniziali e che teneva tra le dita, come si conviene ad una donna elegante, altera che non lascia trasparire alcuna debolezza e che cela la stessa in un gesto maldestro, lui si sarebbe chinato ai suoi piedi, l’avrebbe raccolto e porgendoglielo con la consueta eleganza sarebbe dolcemente entrato nel suo cuore con la leggerezza di un soffio.
Ma era lì nelle sue mani e lei lo stringeva ancora più forte quasi a far pesare ancor di più che non le era servito a niente, che era stato solo un fronzolo d'oro e nulla più.
Se solo lo avesse fatto cadere…- si ripeteva a mò di una cantilena stonata - se solo…
…Eppure quell’ uomo l’aveva notata, l’aveva desiderata e lei lo sentiva, in cuor suo lo sapeva. Aveva osato, senza indugio, cingerla con fervore, e in quello sguardo rapito aveva letto un desiderio composto e nascosto.
Ma allora perché era fuggito via così - e la sua cantilena stonata riprendeva - perché non una parola?
Non riusciva a spiegarselo Sophia, abbandonò la sala, come il vento scese le scale e si tuffò in quella notte, si avviò stretta nel mantello lungo il viale, i maestosi faggi precedevano i suoi piccoli passi e il pensiero sembrava averla abbandonata.
Il suo sguardo era solo per quella bellissima luna adesso, quasi ammaliato, rapito.
Che luna quella notte - Mai l’ avrebbe scordata! Mai!…Sembrava quasi anticiparle qualcosa che di lì a poco sarebbe accaduta.
- Ma cosa? Cosa mai poteva più accaderle? - Aveva sognato e si era destata e la luna adesso la scortava silenziosa nella carrozza lungo il viale.
- Quale confidente più sicura pensò…- ma forse da lassù lei aveva visto tutto, sapeva di quel l'uomo, sapeva!
Sophia si avvicinò alla carrozza, una brezza notturna leggera le accarezzava il viso, quasi a donarle una nuova freschezza e i faggi, le cui fronde si agitavano dolcemente al vento sembravano congedarla con eleganza.
Entrò nella carrozza e nel buio scorse le sembianze di quell’ uomo, lo stesso uomo, gli stessi occhi cerulei che erano fissi nei suoi, adesso.
- L’ aveva aspettata lì, nel silenzio di quella notte complice, di quella luna complice e lei senza esitazione alcuna si era abbandonata tra quelle braccia, nulla più le importava, nulla più, solo di lui, di quell’ uomo che dolcemente e fortemente era entrato dentro di lei.
Non le importava quanto sarebbe rimasto, per quanto ancora l’ avrebbe tenuta stretta a se in quella morsa di desiderio e di passione, non le importava, non voleva che le importasse in quel momento.
Le bastava essere lì e tutto il resto proprio come in quella sala da ballo prima, scompariva, si annullava, solo quella luna artefice e adesso silenziosa spettatrice era testimone dei loro sospiri, che rompevano il silenzio rarefacendosi nella notte.
Una sola notte, una notte bellissima eppur meschina ed infida che era lì furtiva ad attendere il giorno a venire.
Ormai il vestito giaceva in tutta la sua maestosità sul tappeto e quel rosso scarlatto spiccava e strideva fortemente con i colori spenti dello stesso, le scarpette d’oro vi giacevano accanto e di una notte consumata nel desiderio e nell’ ardore di un’acerba passione rimaneva ben poco, un letto disfatto, un corpo nudo, ancora caldo che si celava sotto le lenzuola di seta bianca, seta di un bianco pallido che si confondeva con la pelle lattea di Sophia, immersa in un sonno estatico e dolcissimo.
Lui era andato via, ancora una volta, si era dileguato prima che l’alba nascesse a sorprenderli, e ancora non un biglietto, non un cenno, non un bacio.
Era sparito quell’uomo della sala, senza nome, che le aveva restituito la vita in una sola notte. Le aveva lasciato un intenso profumo sulla pelle, che lei sentiva ancora possederla, le sue labbra erano vermiglie e calde di baci, e nel suo cuore si insinuava come un ladro, furtivo e silenzioso il sentimento e a nulla serviva difendersi, fuggire. Era lì immobile succube di un fremito che le percorreva senza indugio la schiena e i suoi occhi ormai spalancati alla luce del nuovo giorno cercavano quell’ uomo.
Sophia sapeva che non sarebbe tornato, quell’ uomo senza nome, lo sconosciuto della sala da ballo, che l’aveva irretita, sedotta con le sue lusinghe e l’ aveva poi abbandonata a se stessa, proprio come il suo vestito di broccato rosso sul tappeto, ignaro ormai di essere stato ad una festa da ballo.
Si strinse a se il vestito, e mentre il tempo correva via tiranno, lei si abbandonava in un pianto dirotto.
Poi raccolse le forze, si avvolse in una veste che nulla della sua grazia lasciava trasudare e si appoggiò a quella parete destra mentre il sole che si avviava al tramonto irrompeva prepotente in quella stanza a violare la sua intimità. Si lasciava cadere sul pavimento l’ ingenua Sophia e con lo sguardo perso nel vuoto si lasciava cullare dall’oscurità che scendeva in quella stanza come una fitta coltre e danzava Sophia, danzava ancora sulle note mute dello stesso valzer.

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