giovedì 23 maggio 2013

Confidenze all'insonnia

Traspare un vestito e traspare un sentimento. Traspaiono entrambi, forse nel medesimo modo, eppure cambia. In un gioco di causa ed effetto, un sentimento che traspare mette a nudo le nostre fragilità e ci rende deboli, un vestito che traspare ci scopre intriganti, quel leggero, impalpabile lembo di stoffa che veste la nudità. La trasparenza, sottile dilemma di un animo ignaro. Un passante distratto riesce a leggere negli occhi ciò che abbiamo nel cuore, se vogliamo che il cuore giunga alla superficie degli occhi, e un passante attento non riesce a scorgervi nulla, solo la spessa coltre di finzione che ci ricopre e che ci ingoia, che lascia lì tangibile sulla superficie una felicità perfetta, goloso rifugio di ciò che perfetto e goloso non è. Non sappiamo riconoscere ciò che abita nell'anima, spesso siamo analfabeti, o semplicemente lettori ciechi e questo perchè usiamo chiavi di lettura diverse, quando il cuore, quando la ragione, che non se la giocano ad armi pari. Punti di vista comodi e scomodi. Il cuore ci fa vedere chiaramente chi lo possiede e ci consegna nelle sue mani, la ragione gioca d'astuzia, ci benda gli occhi e ci sottrae alla tirannia. E la trasparenza è lì in panchina, perchè ciò che è inevitabilmente chiaro, normale, forse ovvio, non desta curiosità o attrattiva, e intanto l'inaccessibile, il mistero e il torbido sono in campo e se la giocano fino all ultimo respiro. Ho pensato anch'io questo, ho pensato che la trasparenza se ne sarebbe stata sempre lì in panchina ad aspettare un momento che nn sarebbe mai arrivato, e ho visto solo vestiti uguali e poi solitudini uguali, animi assetati e mai paghi. E ho visto che non sono queste le regole dei giochi, dei rapporti, dei sistemi, e se mai delle regole ci sono state, non sono più regole, perchè non regolano nulla, o forse qualcosa si, un giogo incomprensibile o chissà comprensibilissimo di infelicità collettive e individuali. E intanto la trasparenza è li in panchina ed è paziente, aspetta. Io non so dire se l'inaccessibile, il torbido, il mistero, se questi paladini dell'originalità, un originalità presunta e apparente abbiano vinto la partita, come non so dire se la trasparenza soggiogata da una complice normalità si sia guadagnato il suo turno, ma mi piace crederlo. Voglio pensare che la trasparenza, scevra da ogni ovvietà, facendosi beffa dell'inaccessibile, del mistero, del torbido, si sia levata dalla panchina e abbia giocato la più bella partita della sua vita. Che questa partita l'abbia vinta, io non lo so, forse mi piacerebbe crederlo, perchè è un dovere sacrosanto credere in qualcosa in cui vuoi credere. L'insonnia mi strappa questa confidenza, a volte l'insonnia mi piace. Credo che però adesso abbia chiuso la porta, lasciandosela alle spalle ed esca nella notte, si avventuri nell'oscurità alla ricerca di qualcun'altro a cui rubare il sonno e strappare confidenze, la pioggia comincia lentamente a cadere col suo fruscio non più così familiare e penso che questa notte le piante berranno e che in fondo la pioggia come colonna sonora di un sonno annunciato non è poi così male. Il tempo è come fermo e realizzo quanto affascinante sia la notte, come il silenzio che la sovrasta dica in realtà mille cose e di come tutte giungano con una chiarezza estranea alla luce del giorno. La pioggia si fa via via più fitta, l'odore pulsa nell'aria e l'insonnia non mi manca più.

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