giovedì 30 maggio 2013

Il mio migliore amico.


Il mio migliore amico "maschio"si chiama Giuseppe. E' una persona speciale, è uno psicoterapeuta e ora vive sul lago di Como e ha un bellissimo bimbo di nome Carlo. E sfatiamo pure un luogo comune del bip " l'amicizia tra uomo e donna non esiste". Esiste eccome se esiste. Ora vive lontano da me, ma fino a un pò di anni fa, viveva qui, vicino a me, ed eravamo inseparabili, un pò come la salsa yogurt e quella piccante nel kebab. Divago volutamente. Questo paragone mi giunge insolito, perchè io il kebab fino a qualche sera fa l'ho gustato nella vaschetta con la maionese e l'insalata, e invece adesso trovo ingredienti imprescindibili dal kebab la salsa yogurt e il piccante. La vita è strana ed io pure.
 Anzi quella sera lì, la mia cara amica Eliana, mentre vicino al camioncino delle meraviglie, (perchè scusate, ma con tanto di cappello per le cene di ogni tipo, per me " il paninaro" resta il paninaro), mentre facevo la mia ordinazione, elencando nell'ordine " lattuga, rucola, pomodori, maionese", lei mi guardava con un'espressione di chiaro disappunto fino a proferire le parole << ... a Istambul ti avrebbero già mandata a quel paese>>.
Poi la morale è che in macchina ho divorato il mio di kebab, ma continuavo a tenere fissi gli occhi sulla sua vaschetta, quindi lì ho avuto la rivelazione: al kebab non devono mancare salsa yogurt e piccante, punto. Torniamo a Giuseppe. E' una di quelle persone nella vita che ogniqualvolta ti girerai da una parte, la troverai esattamente dalla parte verso cui ti sei girata.  E' un'amicizia importante la nostra, cresciuta negli anni, lo conosco da quando ero piccola, andavo a scuola, in quei tempi frequentavo la prima liceo scientifico, mi pare di ricordare, e non dimenticherò mai che passavo da casa sua con mia mamma, gli suonavo il clacson della macchina, lui usciva e saliva in macchina con noi, e partivamo alla volta della scuola, mamma che godimento, quel tragitto era una sequenza tragicomica del miglior film mai girato, ridevamo, ci insultavamo, ci beccavamo di continuo, intonavamo canzoncine allegre, e mia madre rasentava l'imbiancata dei capelli in testa, ma noi a dispetto di tutto, ci divertivamo come matti. Ci siamo sempre divertiti. E siamo cresciuti così, sono passati gli anni così, tra giochi, confidenze, risate. Eravamo complici, sempre, e quando litigavamo durava un secondo, e un secondo di quelli nani.  
Ricordo ancora, quando con la bicicletta veniva  a casa, ci chiudevamo nello studio e ci raccontavamo il mondo, lui mi raccontava le sue tresche, le sue cose ed io le mie, e già li io mi dilungavo di più, lui vedeva le cose da ragazzo, e si sa, gli uomini vengono da Marte e le donne vengono da Venere, però ci capivamo, eccome se ci capivamo. Una sera d'estate, insieme ad altri nostri amici siamo andati al mare, e dopo aver bevuto, proprio tanto, ci siamo appesi alle fronde dei salici a penzolare, ricordo che quella sera c'era una tempesta in corso, il mare era furibondo e spumeggiava violento e noi con lo stereo a palla penzolavamo dai salici, poi tutti in macchina e a tutta birra a correre sul pontile con i finestrini aperti. Se penso a quei momenti meravigliosi, sento quanto era libera, felice di respirare la furia del mare, di sentire l'acqua bagnarmi la faccia e quei momenti lì mi mancano, mi manca quella incoscienza, mi manca quella libertà, (che pur mi appartiene, perchè sempre e comunque, mi lascio vivere, mi ascolto e mi accolgo), quei momenti lì sono stampati a fuoco nella memoria e non si cancellano, e ogni volta che li rispolvero è come sentirne ancora l'odore e il sapore.
Le feste che organizzavamo pazze e sregolate, le serate d'estate passate nel parco sull'erba a fumare, a bere birra, a ridere, a gossippare, o per meglio dire, a fare taglio e cucito, per poi sdraiarsi e guardare le stelle e continuare a raccontarsi. Ricordo con nitidezza, e mi vengono i brividi se ci penso, una sera bellissima e sfigatissima insieme, era estate, credo Agosto, e decidemmo di andare ad una festa reggae sulla spiaggia, quella sera là, ad un certo punto venne giù uno di quei temporali estivi, con annesso acquazzone, e dopo esserci sorbiti sul litorale gallipolino una di quelle file apocalittiche, con tanto di clacson impazziti, tipi che scendevano dalle auto, sperando vanamente di risolvere qualcosa, (come se scendere facesse di colpo spuntare le ali alle macchine),   usciti miracolosamente dall'ingorgo infernale, ci siamo diretti verso il Fico d'India, la pioggia era cessata e decidemmo, ancora con quella sana e leggera incoscienza che ci animava, di addentrarci nel parcheggio, che come è risaputo si colloca in un fondo, la terra era rossissima, fresca di pioggia, l'odore era acre e forte,  e noi  volevamo ballare. Al Fico c'era un pò di gente che ballava e noi ci addentrammo nella fanghiglia e parcheggiammo alla cazzo, sottolineo. Io quella sera avevo indossato delle ballerine con un pò di tacco, molto carine, nuove di negozio. Scendemmo al Fico, bevemmo un pò di sangria, ci sedemmo, ricordo, non ballammo, e chiaccherammo fino all'alba quasi, poi arrivato il momento di tornare, ci accorgemmo, con sommo dolore, che la macchina era rimasta con le ruote nella terra rossa, e ovviamente serviva la collaborazione e lo sforzo di tutti per venirne fuori. Qualcuno ci venne in aiuto, e tutti a spingere, con le gambe sporche di terra rossa fino alle ginocchia, le mie scarpe erano uno schifo. Fu però una serata bellissima, densa di pioggia e di terra e con le mie scarpe nuove da buttare.
Mi lasciarono a casa che erano le 5 e mezza, sporca come uno scaricatore di porto, ero felice però, ebbra di odore di terra fresca. Poi il tempo è trascorso, ma noi siamo rimasti uniti, mi sono persa con tutti gli altri, a volte è inevitabile perdersi, ma non mi sono persa con lui, mai. La cosa bella è che con lui ero sempre a mio agio, anche con la faccia lavata di sapone, i capelli scarmigliati e gli occhiali da vista, con lui era sempre tutto in ordine. Mi ha trasmesso il mio viscerale amore per il Grigna, lo intona alla perfezione.
Ci sono delle persone che incontri e che ti restano dentro e non se ne vanno, e non c'è un motivo, un perchè, è così e basta. Giuseppe c'è sempre, se una giornata va storta, se sto male per qualcosa o qualcuno, se ho un pensiero, un dispiacere, prima che io lo chiami, lo fa lui, e non lo può sapere come sto, eppure forse lo sente e mi precede. Questo è un amico. Non gli chiedi di esserci, c'è e basta. Riguardando quelle foto, mi accorgo di quanti anni sono passati, di quanto ero incosciente e felice. Sono rimasta felice, forse però meno incosciente. Ci sono delle cose che non tornano, e non torna più il tempo per viverle. Ecco perchè bisogna, ogni tanto, depositare i fardelli, stoppare con la quotidianità e aprire un'incosciente, adrenalinica e libera parentesi di fuga.

mercoledì 29 maggio 2013

Il pane.

 
 
 
 
Questa è una ricetta. Cosa c'èntra con un blog letterario una ricetta? Me lo chiedo io, prima che lo faccia qualcun'altro, e me lo chiedo perchè ho la risposta pronta e la svelerò un pò per volta, comunque state certi che c'entra e come se c'entra.
La ricetta è la seguente: ricetta base per il pane integrale
Preparazione della pasta madre:
Impasta 150 gr. di farina integrale con mezza tazza di acqua minerale non gassata, un cucchiaino di zucchero di canna, un cucchiaino di olio d'oliva. L'impasto deve risultare morbido, tipo pastella, mescolabile con un cucchiaio, ma non liquido. Metti l'impasto in un contenitore e ricoprilo con un coperchio. Lascia riposare per tre giorni a temperatura di 20 - 22 gradi, impastandolo energicamente un paio di volte al giorno. Prima di impastarlo spolveralo sempre con un pò di farina. Quando gonfia, aggiungi ancora 150 gr di farina e un'altra mezza tazza d'acqua, impasti ed aspetti un altro giorno. Avrai ottenuto il lievito base per l'impasto che servirà per fare il pane le prossime volte. Ne basteranno un paio di etti, conservala in frigo in un barattolo di vetro.
 
E adesso starete pensando.. " cioè questa è solo la preparazione"? "Il pane è ancora tutto da fare"? " Ma quanto ci vorrà a fare sto pane"? " e dovrò impastarlo per ben due volte al giorno"?...
 
Ora facciamo il pane:
1kg di farina integrale biologica
1/2 litro di acqua tiepida
1 cucchiaino di sale
2 etti di pasta madre
Poi impasta accuratamente gli ingredienti insieme alla pasta madre finchè l'impasto è morbido ed elastico e non si attacca alle mani. Lascia lievitare per almeno 12 ore finchè l'impasto è raddoppiato.
Altre  12 ore????????????????? ............... é una ricetta da presa in giro questa qua?...
Dividi l'impasto in due e lascia riposare ancora mezz'ora. Scalda il forno a 250° e incidi alcuni tagli sui pani con un coltello non molto profondi, poi bagnali con un pochino d'acqua. Dopo mezz'ora in forno abbassa la temperatura a 200 gradi. Dopo altri 20 minuti il pane è cotto e pronto.
 
Questa ricetta racchiude il senso più profondo del vivere. Fare il pane non vuol dire "cotto e mangiato", forse è l'unica ricetta per la quale servono giorni di preparazione. Fare il pane, impastare il pane energicamente, e prima del pane, preparare la pasta madre, bè equivale a fare un progetto, come fai nella vita e servono più che giorni. Dopo la pasta madre per la cui preparazione sono andati via dei giorni, ne servono altri per fare il pane. Fare il pane equivale ad avere pazienza, specie per chi vuole tutto e subito e fa prima a comprarlo al supermercato,impastare energicamente, attendere, lasciare riposare, attendere e ancora impastare e attendere.
Nelle cose della vita siamo restii ad attendere, siamo impazienti, vogliamo che tutto sia pronto e che lo sia subito. Le cose più buone della vita, un pò come il pane, sanno di pazienza, di sacrificio, di attesa, di amore. E' un esercizio importante quello di fare il pane in casa, ti aiuta a lavorare su te stessa, a concepire le attese non come inutile perdita di tempo, ma come fasi necessarie di un progetto. E' un esercizio che a lungo andare ti tempra nelle storie della vita. Puoi farlo da sola o puoi anche farlo con un amico, con la persona che ami, lo trovo tra le altre cose significativamente erotico.
Il bello di tutta la faccenda è che se sbagli i tempi, gli ingredienti, le attese, se vuoi accorciarle, ridurle a quello che tu ritieni il tempo necessario, bruci tutto e non parlo di cottura, bruci il progetto, mandi in aria tutto. Se c'è una cosa che so, che ho imparato e che cerco di mettere in pratica, è che ogni cosa nella vita di ogni giorno, di ogni mese, anno, ha il suo tempo, non puoi mettere in forno un pane non lievitato, fai irrimediabilmente un casino, a meno che non ci spalmi sopra il pomodoro ed hai una pizza, tra l'altro non buona, ma una pizza, non il pane. Tutto ha un tempo, anche l'amore. Le cose della vita ce l hanno. Uno spera di fare una determinata cosa, si illude di fare una determinata cosa secondo il suo di tempo, quello che si prefigge per ottenerla, ma le cose, indipendentemente dalla volontà che uno gli imprime hanno un loro fisiologico tempo e bisogna saper aspettare quanto è necessario per vederne i frutti. Uno spera, crede di aver incontrato la persona della sua vita, eppure ha dei tempi diversi rispetto a lei, e allora non è la persona della tua vita quella lì, perchè o lei dovrebbe aspettare te, il tuo tempo per i suoi desideri, i suoi progetti, o tu devi assecondare lei per i tuoi desideri e per i tuoi progetti e quindi inevitabilmente, uno va troppo avanti, uno resta un passo indietro e ti accorgi che non è quella li la persona della tua vita, perchè una cosa è certa la persona della tua vita ha i tuoi tempi, il tempo di due diventa il tempo di uno in due. Questo è l'amore, tutto il resto è imitazione. Fate il pane e vi renderete conto di tante cose che ora non riuscite a vedere, le vedrete di colpo facendo il pane, impastandolo, lasciandolo riposare, attendendo, attendete dunque, non cercate risposte, non le avrete subito. Più uno cerca risposte, meno queste arrivano, il tempo è la risposta. Vale sempre la pena attendere per ciò che ci aspetta, senza però aspettare nessuno.

 
 

lunedì 27 maggio 2013

Whats'app.

Whatsapp è la new entry dei tempi nostri. Già il titolo stesso dell'applicazione lo suggerisce, "cosa accade"? Accade che la tecnologia avanzata stavolta ha fatto un gran casino co sto whatsapp che incoraggia le interazioni, e fin qui, chapeau, se non fosse che parliamo di interazioni, proprio di ogni tipo. Poi mica roba semplice, è un' applicazione complessa che ha la sua bella etichetta personalizzata, uno ci mette la sua foto meglio riuscita, tirata fuori da un book fotografico di primi piani di tutto rispetto, ci scrive anche qual'è lo stato d'animo che ha in quel giorno, in quel momento, qualcosa che lo caratterizza in un qualche modo. Insomma a qualunque contatto che ha sul suo telefono, e che ha uno smartphone e per ovvi motivi, la recentissima applicazione " Whatsapp", risulta molto facile capire, sapere, intuire, un pò di fatti suoi, anche se si tratta di un emerito sconosciuto. C'era facebook già a fare danno, ma evidentemente non bastava. Funziona così, una volta sfiorato il contatto che ti interessa in quel momento, tac! E vedi comparire il nome in alto piccolo, l'intero trailer della conversazione avuta con quel contatto, e poi, puoi anche vedere, visto che evidentemente, non bastava quanto ti sei fatto i fatti suoi, quando si è collegato l'ultima volta e sembra che questa notizia cambi la tua vita. Insomma, la maggior parte della gente sul pianeta, oggi, ha uno smartphone, magari non sa come arrivare a fine mese, paga un mutuo, non ha un reddito stabile e sicuro, deve ancora trovare casa, ma ha uno smartphone e ha whatsapp.
Siamo una generazione di curiosi, questa è la verità, siamo però delle volte dei curiosi malati. Whatsapp è una tragedia, senza morti, ma resta una tragedia. Miete vittime, consapevoli e non. E' la via semplice per comunicare con chi ti piace, per avere uno scambio che non lasci tracce, poi la conversazione la elimini, e fatto, problema risolto. Magari, trovi,  "la tua terza metà", perchè ora imperversano i rapporti prendi tre e paghi 2, il numero  gettonato non è più il 2, ma pare sia il tre. Insomma lei, la terza in questione, è impulsiva e passionaria e proprio quando lui è con la metà vera o presunta, ma quella legale, bè gli scrive e lo fa con insistenza e sbaglia tutto, rovina tutto, solo apparentemente, ma poi di cosa stiamo parlando?!?... Cosa rovina?... Se lui messaggia con un'altra, di certo è annoiato, poco coinvolto, motivato, in crisi, non la sopporta più,  e quindi direi che quello che c'era da rovinare è già rovinato, senza che la terza metà abbia minimamente contribuito. Whatsapp è un toccasana per la noia. Puoi nel cuore della notte, incuriosirti dietro al contatto che ti preme e magari parte un messaggino un pò innocente e un pò no, questo lo sa solo chi lo scrive e magari quell'audacia viene premiata, o bocciata, perchè non era il momento opportuno, perchè lei o lui dormiva già, perchè era in altra compagnia. Whatsapp è il danno dei giorni nostri, o meglio il danno della comunicazione dei giorni nostri. Tresche vere o presunte si annidano dietro quest'applicazione innocente e proliferano.  In realtà, però, il vero danno siamo noi, solo che ci è stato offerto uno strumento per occultarci e scaricare la colpa.  Su whatsapp, perchè no, ci si imbarazza anche, perchè capita che ti senti dire, quello che mai ti aspetteresti, da qualcuno, che grazie all'applicazione in questione, ha preso coraggio e si sbottona. Spuntano le palle, anche a chi non le ha, è un mezzo che aiuta anche ad avere coraggio. Ma ovviamente, parliamo di un coraggio che è un pò come l'aria fritta, spenta l'applicazione si dissolve nell'aria, come quando hai spento la fiamma dopo che hai fritto il pesce. Ho una gran curiosità di prelevare un pò di smartphone e fare uno studio sulle comunicazioni che ne vengono fuori, credo che sarebbe molto interessante quello che ne ricaverei, davvero molto. Poi, vediamo ci si emoziona anche su whatsapp, quando lui/lei è online e tu sei online. E quindi online -online = emozione! Poi magari lui/ lei è si online ma con un'altra/o, e non ti sta scrivendo e tu continui a fissare quel contatto col cuore a mille e poi leggi " visto pochi secondi fa", oppure fissi sto contatto qui, pensando per un secondo di stare fissando i suoi occhi e lui/ lei i tuoi, eh si... poi però uno dei due distoglie lo sguardo e leggi di nuovo " visto pochi secondi fa". Whatsapp è anche romantico, senza dubbio, due online che si fissano negli occhi. Magari ti piace un contatto, e lo vedi sempre online e pensi ma con chi " Whatsappa"?... bè non di certo con te, lo vedi lì online per un tempo imperituro ma non scrive a te, quindi?!?... Ha una tresca, sicuro, e non sei tu. Confortante, whatsapp ti aiuta a cambiare obiettivo e a non perdere tempo dietro a uno che non ti fila. Se hai, per esempio, conosciuto un tipo/ tipa che ti piace, vai subito a cercarla/o su whatsapp e cominci a " Whatsapparla". Insomma è un mondo a portata di telefonino. Qualche volta capita, che mentre tu stai guardando un contatto, che è online, ovviamente non un contatto a caso, ma sempre quello del dente malato, magari vedi che ti sta scrivendo, e lì non ci credi, finchè non ti compare il messaggio ed esulti di gioia. Poi ste faccine, in gergo smiles o emoticon, che si dispensano, manco fosse periodo di saldi in un negozio, di tutti i tipi, taglie e misure e lui/lei capisce, sei certa che capisce, specie se per esempio vuoi proporgli di andare a ballare e gli propini la ballerina, a mangiare e gli invii un piatto di spaghetti, insomma c'è un modo diverso, tutto simbolico per chiedere alla nuova conquista di portarla a cena. Mentre prima si litigava dal vivo, ci si scornava dal vivo, per telefono e via sms, e ci si lasciava in egual modo, bè ora la gente si scorna su whatsapp, si cornifica su whatsapp, si lascia su whatsapp. Vuoi mettere? Uno col telefonino ci va anche al cesso, perchè guai a lasciarlo in bella vista, e poi sul wc è comodo whatsappare in santa pace. Whatsapp è il perno della comunicazione odierna, è ahimè, ahinoi, la conversazione odierna. E' raggiungibile in ogni dove, tu scrivi, e finchè ti compare sul display del contatto un visto solo sei salvo, specie se hai mandato un messaggio incandescente, compromettente o altro vietato ai minori di diciotto,  o sotto effetto alcool o droghe leggere, e pensi fra te e te "sono salvo", non l'ha ancora letto. Poi quando magicamente, i visto diventano due sei completamente, irrimediabilmente fottuto.
Può accadere che però quel visto resti sempre uno e in quel caso lì, non è che il tipo o la tipa in questione ha fatto sbarco sulla luna o su Marte,  ma semplicemente ti ha bloccato! E qui la faccenda si fa grave, se uno ti blocca c'è sempre un motivo. Gli stai sulle palle e non ha voglia di comunicartelo, gli potresti mandare in aria il matrimonio, o la relazione, se la poverina o il poverino scopre un messaggio di dubbia provenienza con tanto di foto sexy. Insomma la morale è voglio un uomo che non abbia whatsapp e se mi fidanzo lo disattivo.




Le facce delle donne.

Ma quante facce abbiamo? Quante ne usiamo per ogni svariata occasione che si presenti, indossiamo una faccia come un vestito, e poi il risultato è che vengono fuori facce noiose e vestiti dai colori spenti, e facce belle, come può esserlo un vestito dalle tinte forti, vivaci, decise, facce divertenti come un abito di carnevale, facce tristi come l'abito di un clown.
Noi siamo delle facce, abbiamo intorno facce e cambiamo faccia di continuo. Domani per esempio indosserò quella da ufficio, abito sobrio e stirato, oggi invece ho portato  per tutto il giorno in giro con me per casa una faccia rilassata, acqua e sapone, credo stesse in tuta e t-shirt bianca. Bè a dire il vero mi ero prospettata una faccia diversa, ma poi c è stato un imprevisto, ecco bisogna tener conto degli imprevisti che cambiano le facce o gli imprevisti che ti lasciano sempre la stessa di faccia. Ebbene si! Il mio pensiero si sta fossilizzando in modo quasi incredibile, direi, sulle facce. Credo che qualcuno famoso, con la citazione " Uno, nessuno e centomila" e sto parlando di Pirandello ha colto nel segno davvero. Centomila facce, se ci penso ne abbiamo davvero centomila o più, che indossiamo un pò per convenzione, un pò per difesa, un pò per giocare con la quotidianità e renderla meno noiosa di quello che è o potrebbe essere.
C'è quella che indossiamo maldestramente davanti a qualcuno che ci attrae e non c'è mai una spiegazione dietro qsta faccia, è quella, punto. O forse sto parlando più di una faccia.credo sul serio che ce ne siano diverse per l'occasione, che talvolta si presenta. C'è quella che dice per esempio " è inutile che mi fissi così, non riuscirai mai a capire che mi piaci"... ed è imperturbabile, è quella che ha un sorriso stampato, un'aria distaccata e lo sguardo profondo ma inarrivabile, la vestirei di un vestito rosso fuoco questa faccia qui; poi c è n è un altra che invece è più tenera, lo sguardo è più dolce, indifeso, i lineamenti sono più distesi ed è una di quelle facce perfettamente a suo agio, che ti sta dicendo " fai un giro nel mio mondo se ti va, io ho voglia di fare un giro nel tuo".. E poi sto pensando ad un altra faccia che ha lo sguardo altero e profondo, una faccia bella ma che non tradisce emozione, una faccia che dice" forse mi piaci, ma io non mi accontento di poco sai, dopo tanti coglioni che ho incontrato, sto cercando l'archetto giusto per il mio violino e comunque basto a me stessa, tu saresti solo un degno complemento" e la vestirei di nero questa faccia qui. Ecco, appunto, parliamo di facce che raccontano cose diverse, facce che vestono abiti diversi, facce che vivono momenti diversi e qui c è la magia, c è un mondo di mille facce, di mille colori, mille modi di vestire una qualunque emozione, mille modi che raccontano un unico mondo. La cosa che mi lascia senza fiato per quanto sia fantastica è che una donna può essere tutto quello che vuole essere, può cambiare faccia, può essere mille facce pur rimanendo una sola. Siamo affascinanti perchè camaleontiche e mi piace crederlo e pensarlo. Basta soffermarsi per un attimo sul fatto che a volte, spesso, spessissimo anzi, pur rimanendo le stesse, siamo diverse a seconda di chi abbiamo accanto. Non c è un carattere, ci sono solo mille facce, tutte riconducibili ad una sola, che poi è quella intima, quella che indossa un velo che la copre, quella che solo chi arriva così vicino vicino da far cadere il velo, riesce a vedere, e nessuno o quasi nessuno arriva mai così vicino al viso di una donna.

giovedì 23 maggio 2013

Confidenze all'insonnia

Traspare un vestito e traspare un sentimento. Traspaiono entrambi, forse nel medesimo modo, eppure cambia. In un gioco di causa ed effetto, un sentimento che traspare mette a nudo le nostre fragilità e ci rende deboli, un vestito che traspare ci scopre intriganti, quel leggero, impalpabile lembo di stoffa che veste la nudità. La trasparenza, sottile dilemma di un animo ignaro. Un passante distratto riesce a leggere negli occhi ciò che abbiamo nel cuore, se vogliamo che il cuore giunga alla superficie degli occhi, e un passante attento non riesce a scorgervi nulla, solo la spessa coltre di finzione che ci ricopre e che ci ingoia, che lascia lì tangibile sulla superficie una felicità perfetta, goloso rifugio di ciò che perfetto e goloso non è. Non sappiamo riconoscere ciò che abita nell'anima, spesso siamo analfabeti, o semplicemente lettori ciechi e questo perchè usiamo chiavi di lettura diverse, quando il cuore, quando la ragione, che non se la giocano ad armi pari. Punti di vista comodi e scomodi. Il cuore ci fa vedere chiaramente chi lo possiede e ci consegna nelle sue mani, la ragione gioca d'astuzia, ci benda gli occhi e ci sottrae alla tirannia. E la trasparenza è lì in panchina, perchè ciò che è inevitabilmente chiaro, normale, forse ovvio, non desta curiosità o attrattiva, e intanto l'inaccessibile, il mistero e il torbido sono in campo e se la giocano fino all ultimo respiro. Ho pensato anch'io questo, ho pensato che la trasparenza se ne sarebbe stata sempre lì in panchina ad aspettare un momento che nn sarebbe mai arrivato, e ho visto solo vestiti uguali e poi solitudini uguali, animi assetati e mai paghi. E ho visto che non sono queste le regole dei giochi, dei rapporti, dei sistemi, e se mai delle regole ci sono state, non sono più regole, perchè non regolano nulla, o forse qualcosa si, un giogo incomprensibile o chissà comprensibilissimo di infelicità collettive e individuali. E intanto la trasparenza è li in panchina ed è paziente, aspetta. Io non so dire se l'inaccessibile, il torbido, il mistero, se questi paladini dell'originalità, un originalità presunta e apparente abbiano vinto la partita, come non so dire se la trasparenza soggiogata da una complice normalità si sia guadagnato il suo turno, ma mi piace crederlo. Voglio pensare che la trasparenza, scevra da ogni ovvietà, facendosi beffa dell'inaccessibile, del mistero, del torbido, si sia levata dalla panchina e abbia giocato la più bella partita della sua vita. Che questa partita l'abbia vinta, io non lo so, forse mi piacerebbe crederlo, perchè è un dovere sacrosanto credere in qualcosa in cui vuoi credere. L'insonnia mi strappa questa confidenza, a volte l'insonnia mi piace. Credo che però adesso abbia chiuso la porta, lasciandosela alle spalle ed esca nella notte, si avventuri nell'oscurità alla ricerca di qualcun'altro a cui rubare il sonno e strappare confidenze, la pioggia comincia lentamente a cadere col suo fruscio non più così familiare e penso che questa notte le piante berranno e che in fondo la pioggia come colonna sonora di un sonno annunciato non è poi così male. Il tempo è come fermo e realizzo quanto affascinante sia la notte, come il silenzio che la sovrasta dica in realtà mille cose e di come tutte giungano con una chiarezza estranea alla luce del giorno. La pioggia si fa via via più fitta, l'odore pulsa nell'aria e l'insonnia non mi manca più.

mercoledì 22 maggio 2013

Un agosto fichissimo.

Un ritratto in inchiostro del mio trascorso Agosto 2012.
 
 
 
Agosto! E una pensa... wow si dorme, ci si rilassa, si fa quello che nei restanti 11 mesi all'anno una in genere non fa, per i più svariati motivi, lavoro, lavoro, lavoro e ancora lavoro... e inizia la disamina: al mare tutto il giorno finchè il sole dello Ionio non ti arriva sotto i piedi, e lì non c'è n'è più, finchè l'acqua salata non ti macera la pelle tanto sei stata a mollo, finchè la sabbia ti si è infilata dappertutto ed anche nelle mutande e quindi poi vai a casa, indecentemente arsa dal sole. E questa è proprio la prima cosa in assoluto che ti proponi di fare a mò di rosario tra le dita ogni santa mattina che i tuoi occhi vedono la luce del sole, e l'unico neurone del tutto furioso ti strilla dall'orecchio.." Mare". La disamina continua, che mica ancora siamo arrivati da qualche parte... " e tra te e te, appena hai la parvenza di aver chiuso con gli impegni di lavoro, con il sig. Tal dei Tali che ti ha assillato tutto l'anno per la quasi stessa faccenda, per l'altro cliente che ti dice " io una come lei avvocato non l ho mai incontrata e poi siamo ad agosto e tranne l'acconto sulle spese non hai visto un euro, con l'altro talmente ligio e attento e scrupoloso e rompicoglioni che non se ne può più, che ti chiama a tutte le ore del giorno o quasi per augurarti ogni bella cosa del mondo, e " ma avvocato.. quella mia pratica a settembre la risolviamo no?.. manco fossi Mago Zurlì"!.. Insomma tu continui a sperare, ad augurarti che ce l'hai fatta, le tante sospirate vacanze sono giunte, tutti i tuoi appuntamenti si sono esauriti e quindi leggo, parto, vado a ballare, mi cuocio al mare, approfondisco quell'argomento che mi interessa, scrivo un libro, apro un blog, mi spupazzo la nipotina, vado a farmi un massaggio, vado in barca, mi sciroppo un pò di ricci al tramonto, nuoto fino alla famosa boa di turno ogni giorno, mi lesso al sole sul materassino matrimoniale ad acqua. E invece fioccano le telefonate ad Agosto, la gente si incidenta più ad Agosto... in bici, in auto, in triciclo, in carrozza, in barca, in aereo, sulla scopa volante che negli altri mesi dell'anno, la gente si separa ad agosto, più che negli altri mesi dell'anno, bè l'ormone è bello sveglio e la merce è in bella vista sul bancone, certi pezzi di manzo che non fai mica fatica ad incartare e quindi la fidanzata, la moglie, la compagna, quel surrogato di mezza mela che uno ha tanto faticato a tenersi accanto sai che facciamo... molliamola va e andiamo dall'avvocato! Non hai quasi idea di cosa non accada ad Agosto. Tu sei in macchina che vai al mare e ricevi la telefonata di un tizio mai sentito prima che ti dice che gli hanno sospeso la patente senza appello, autovelox.. ma dico io no??... perchè l'estate invece di correre uno non si rilassa?!... Insomma la tua agenda si riapre come per un arcano sortilegio di una strega tiranna del tempo, ma magari generosa di danaro, perchè no?!?.. eh perchè no, perchè vuoi partire, o magari semplicemente vuoi restare ma vuoi chiudere, staccare, andare in vacanza da tutto ma non da tutti. Agosto....... wow!!!...... Un anno più vecchia, tanti buoni propositi come all'anno nuovo, tanti regali da scartare, tanti affetti che contano, affetti in bilico, affetti punto. Agosto con quella voglia di relax che ti spalmi sul lettino e dici" adesso mi rilasso con Capossela, l'ultima di Biagio, tormentone estivo per eccellenza, Vasco rossi, Negramaro, Paolo Nutini di cui ancora mi porto dietro il cruccio di sta suoneria...... che non ho più sul cellulare, " Candy" non c'è verso al mondo di riuscire a scaricarla, le ho provate tutte, mi sono pure affibiato un abbonamento indesiderato ma quella meravigliosa suoneria non si attacca al mio dannato telefonino. E qui ci aggiungerei bello nero su bianco e a caratteri cubicali, un ottimo motivo per tenersi il vecchio telefono del nonno, ormai caduto in disuso, imperversano gli Iphone che però pare se la intendano solo con gli Iphone, io sti rapporti d'elite non li ho mai capiti, fatto sta che quella gioia infinita che provavo appena suonava il mio cell appartiene alla preistoria, che poi a chi mi chiamava credo risultasse quasi antipatica, atteso che appena il mio telefono accennava a suonare, cominciavo ad intonare la bella canzoncina e ad improvvisare un balletto ritardando volutamente la risposta alla chiamata e magari mi interessava pure sentire chi era dall'altra parte, non quanto Nutini, che continua a mancarmi, ma spero ancora in un miracolo, un gesto divino, la provvidenza, non quella dei Malavoglia ovviamente. E volutamente divago, ormai è un nutrito vizio, divago sempre, la mia testa vaga leggera tra le nuvole, sarà una deviazione comune a chi scrive. Nella realtà delle cose è proprio questo che volevo, che voglio, che era nei miei piani fare quest'estate oltre a ringraziare Dio per tutti i doni che la magnanima provvidenza vorrà dispensarmi, tanti. Scrivere è proprio tutta la mia vita, non riesco quasi a tradurre in parole, quella strana febbre che mi assale delle volte, le dita fluttuano sulla tastiera del pc con una velocità impressionante, e disegnano in lettere i miei pensieri che si dipanano fluidi. Agosto, scrivere. Dormire?... Un vero optional, un accessorio. Cmq sono davvero fortunata, aggiungerei, se consideriamo che l'insonnia mi viene a trovare e mi fa fare quello che amo di più al mondo, vomitare pensieri in inchiostro. Che poi il getto è pressochè inarrestabile, travolge fatti, cose e persone, ha la priorità assoluta su tutto ciò che può scatenarsi nella mia mente curiosa e ostinata. E quindi non dormo e non mi pesa, le mie notti d'Agosto, si spera non tutte, io scrivo. E c'è che dopo che scrivi, è come se hai letteralmente svuotato una parte di te, il tuo cervello torna in apnea, e poi l'incredibile è che si riempie di nuovo e di talmente tante cose che senti quel bisogno irrefrenabile di svuotarlo di nuovo, e non c'è un tempo determinato, una scadenza temporale, accade, il fiume è in piena e rompe gli argini e va. Io mi sento felice quando scrivo, ma di un felice che non so quantificare, è una gioia tutta viscerale e sotterranea che riemerge e ti riempie dalla punta dei piedi fino alla cima dell'ultimo capello, ti riempie e non ti svuota mai, perchè non avverto quella fatica di non riuscire a scrivere, mai, nel senso che semplicemente quando non sento quel bisogno che mi chiama, non scrivo e basta. Mi piace scrivere perchè la scrittura mi consegna al mio mondo interiore ed ogni volta è un pacchetto diverso, è una scoperta diversa che mi scopre. E' felicità, la tocchi, la percepisci, la senti, ti investe e ti invade, non ti molla mai, ti tiene al caldo, ti cura. Uno scala l'Everest, sfida la profondità degli abissi, plana nel vuoto, si cura, cura l'anima, cura le proprie ferite, si riempie, è un orgasmo magari plurimo, è come stare nel ventre materno, ci si sente protetti, al sicuro. Scrivere mi fa sentire così con l'emozione a palla che mi fa tremare il cuore.

martedì 21 maggio 2013


IL SAPORE DI UN’ILLUSIONE



E' una sensazione nuova, è come se la conoscessi da sempre, eppure la sto provando per la prima volta, non mi fa paura, mi fa male, si, ma non mi scopre fragile e vulnerabile per quanto vada a scavare nel profondo di me stessa, quello sconfinato profondo che non avevo mai esplorato.  Mi vede in lacrime e con un magone che non mi molla, ma non mi rompe, forse mi spezza, mi devasta, mi cambia, ma non mi rompe. NON la vedo soltanto, non è bella a vedersi, per quanto possa ingannevolmente apparire affascinante, la scorgo lì rannicchiata in quell’angolo, bellissima eppur spaventata, in tutta la sua fierezza, una luce fioca che entra nella stanza ne disegna una sagoma confusa proprio lì, sulla parete destra, in quell’ oscurità che ne nasconde la presenza. Una fronte pallida e spaziosa, un profilo regolare incorniciato da capelli corvini raccolti a regola d’arte e un corpo perfetto, esile, quasi diafano disegnato dalle mani di un pittore, appena desto dal sogno! NON parla…non si muove…solo quel buio e quel silenzio sanno ascoltare la sua voce, che non ha alito di vento! NON piange, i suoi occhi lasciano intravedere uno smarrimento,un dolore, che non ha lacrime, non più. Ha vinto l’istintivo sfogo del pianto, ha vinto se stessa, che adesso è li senza soluzioni, senza più certezze, eccetto l’unica che brucia sulla pelle come un tizzone al fuoco, lo stesso fuoco che gli era divampato dentro, gli era esploso nel petto quella sera, a quel ballo, e che ora più di sempre sapeva di illusione, amara illusione! NON si ricorda più di essere stata a quel ballo…ah..quel ballo…quella sera… lontana, una chimera che fugge ormai in quell’ oscurità!…Quel ballo…e adesso lei dondola una musica muta, da sola, tenuta tra le braccia da quella fredda parete..e quel ballo..le sue braccia che quella sera la cingevano in una stretta dolcissima, nulla suggeriscono più! Da quanto aveva aspettato quel momento, da quanto attendeva, bramava quell’abbraccio…un appassionato, infinito e fiabesco bacio di quel principe azzurro…di un azzurro che adesso andava sbiadendo…e quella Favola mai scritta sentiva non appartenerle più…le aveva tenuto compagnia in un sogno, in quella notte di magia, quel ballo, dove tutto poteva vincere la realtà, beffare l’ illusione e diventare possibile.

Possibile…adesso utopia…
Possibile..adesso illusorio
Possibile..adesso evanescente
 
Quella luce, via via sempre più fioca era la sua unica compagna in quella notte triste, la candela andava lentamente consumandosi e quella flebile fiammella a spegnersi. Ormai anche il disegno della sua sagoma sul muro appariva riconoscibile a stento e invece incalzavano violenti, confusi, senza annunciarsi, i pensieri, i ricordi, immagini colorate e sbiadite di un passato presente.
Si vedeva lì in quella sala, avvolta in quel vestito di broccato rosso, ampio, maestoso a volteggiare sulle punte delle sue scarpette dorate scelte per l’ occasione e vedeva ancora davanti agli stessi occhi, che però non brillavano più quell’ uomo, quello dei suoi sogni – pensava!
Aveva la sguardo fiero quell’ uomo e i suoi occhi cerulei più volte avevano trafitto i suoi, quegli occhi - ormai due punti di luce isolati in quell’ oscurità.
Era bellissimo quell’uomo, forse lo era solo per lei, solo la sua immaginazione lo aveva dipinto così, lei aveva voluto vederlo così, dolce, forte, deciso, innamorato di lei al primo sguardo.  - Il primo sguardo lo ricorda bene, lei si apprestava a scendere la scalinata della sala incartata nel suo abito rosso e lui l’aveva notata, non aveva resistito di fronte a tanto fascino, di fronte al mistero che quella donna mai vista prima gli aveva destato appena scesa nella sala, era come se sapesse che da quell’istante, qualcosa sarebbe cambiato e lei non avrebbe potuto più fare a meno di quegli occhi.
Quei capelli corvini, gli stessi che adesso sono quasi paralizzati da un fermaglio che li stringe, quella sera fluttuavano lucidi, quasi come seta ad ogni passo, ad ogni movimento, e quei seni che adesso sembrano scomparire in una finissima veste che li offusca, quella sera stretti e voluttuosi facevano sfoggio dal corsetto di broccato e lasciavano adito ad ogni golosa fantasia che rifugge impavida ogni pudicizia.
Eppure lei aveva visto solo lui, come se il resto della sala in quel frangente scomparisse d’ un tratto, ed era sola e lui la cingeva, la faceva volteggiare sulle dolcissime note di un valzer, che nei suoi silenzi le appartiene ancora e lei balla ancora nel suo abito rosso, da sola!
Ed era stata tra quelle braccia, quegli occhi l’ avevano trafitta e tutto era durato solo la magia di un valzer… e poi le luci improvvisamente nella sala si erano spente, la musica era cessata, e lui, il suo misterioso principe che l’ aveva resa schiava con un solo sguardo aveva lasciato la sala senza un cenno, senza un sorriso, si era dileguato.
Avrebbe voluto lasciar cadere quel fazzoletto di seta dorata che recava le sue iniziali e che teneva tra le dita, come si conviene ad una donna elegante, altera che non lascia trasparire alcuna debolezza e che cela la stessa in un gesto maldestro, lui si sarebbe chinato ai suoi piedi, l’avrebbe raccolto e porgendoglielo con la consueta eleganza sarebbe dolcemente entrato nel suo cuore con la leggerezza di un soffio.
Ma era lì nelle sue mani e lei lo stringeva ancora più forte quasi a far pesare ancor di più che non le era servito a niente, che era stato solo un fronzolo d'oro e nulla più.
Se solo lo avesse fatto cadere…- si ripeteva a mò di una cantilena stonata - se solo…
…Eppure quell’ uomo l’aveva notata, l’aveva desiderata e lei lo sentiva, in cuor suo lo sapeva. Aveva osato, senza indugio, cingerla con fervore, e in quello sguardo rapito aveva letto un desiderio composto e nascosto.
Ma allora perché era fuggito via così - e la sua cantilena stonata riprendeva - perché non una parola?
Non riusciva a spiegarselo Sophia, abbandonò la sala, come il vento scese le scale e si tuffò in quella notte, si avviò stretta nel mantello lungo il viale, i maestosi faggi precedevano i suoi piccoli passi e il pensiero sembrava averla abbandonata.
Il suo sguardo era solo per quella bellissima luna adesso, quasi ammaliato, rapito.
Che luna quella notte - Mai l’ avrebbe scordata! Mai!…Sembrava quasi anticiparle qualcosa che di lì a poco sarebbe accaduta.
- Ma cosa? Cosa mai poteva più accaderle? - Aveva sognato e si era destata e la luna adesso la scortava silenziosa nella carrozza lungo il viale.
- Quale confidente più sicura pensò…- ma forse da lassù lei aveva visto tutto, sapeva di quel l'uomo, sapeva!
Sophia si avvicinò alla carrozza, una brezza notturna leggera le accarezzava il viso, quasi a donarle una nuova freschezza e i faggi, le cui fronde si agitavano dolcemente al vento sembravano congedarla con eleganza.
Entrò nella carrozza e nel buio scorse le sembianze di quell’ uomo, lo stesso uomo, gli stessi occhi cerulei che erano fissi nei suoi, adesso.
- L’ aveva aspettata lì, nel silenzio di quella notte complice, di quella luna complice e lei senza esitazione alcuna si era abbandonata tra quelle braccia, nulla più le importava, nulla più, solo di lui, di quell’ uomo che dolcemente e fortemente era entrato dentro di lei.
Non le importava quanto sarebbe rimasto, per quanto ancora l’ avrebbe tenuta stretta a se in quella morsa di desiderio e di passione, non le importava, non voleva che le importasse in quel momento.
Le bastava essere lì e tutto il resto proprio come in quella sala da ballo prima, scompariva, si annullava, solo quella luna artefice e adesso silenziosa spettatrice era testimone dei loro sospiri, che rompevano il silenzio rarefacendosi nella notte.
Una sola notte, una notte bellissima eppur meschina ed infida che era lì furtiva ad attendere il giorno a venire.
Ormai il vestito giaceva in tutta la sua maestosità sul tappeto e quel rosso scarlatto spiccava e strideva fortemente con i colori spenti dello stesso, le scarpette d’oro vi giacevano accanto e di una notte consumata nel desiderio e nell’ ardore di un’acerba passione rimaneva ben poco, un letto disfatto, un corpo nudo, ancora caldo che si celava sotto le lenzuola di seta bianca, seta di un bianco pallido che si confondeva con la pelle lattea di Sophia, immersa in un sonno estatico e dolcissimo.
Lui era andato via, ancora una volta, si era dileguato prima che l’alba nascesse a sorprenderli, e ancora non un biglietto, non un cenno, non un bacio.
Era sparito quell’uomo della sala, senza nome, che le aveva restituito la vita in una sola notte. Le aveva lasciato un intenso profumo sulla pelle, che lei sentiva ancora possederla, le sue labbra erano vermiglie e calde di baci, e nel suo cuore si insinuava come un ladro, furtivo e silenzioso il sentimento e a nulla serviva difendersi, fuggire. Era lì immobile succube di un fremito che le percorreva senza indugio la schiena e i suoi occhi ormai spalancati alla luce del nuovo giorno cercavano quell’ uomo.
Sophia sapeva che non sarebbe tornato, quell’ uomo senza nome, lo sconosciuto della sala da ballo, che l’aveva irretita, sedotta con le sue lusinghe e l’ aveva poi abbandonata a se stessa, proprio come il suo vestito di broccato rosso sul tappeto, ignaro ormai di essere stato ad una festa da ballo.
Si strinse a se il vestito, e mentre il tempo correva via tiranno, lei si abbandonava in un pianto dirotto.
Poi raccolse le forze, si avvolse in una veste che nulla della sua grazia lasciava trasudare e si appoggiò a quella parete destra mentre il sole che si avviava al tramonto irrompeva prepotente in quella stanza a violare la sua intimità. Si lasciava cadere sul pavimento l’ ingenua Sophia e con lo sguardo perso nel vuoto si lasciava cullare dall’oscurità che scendeva in quella stanza come una fitta coltre e danzava Sophia, danzava ancora sulle note mute dello stesso valzer.

Il mio amore per le pale eoliche.

Non scegli di chi innamorarti, ti capita! Io per esempio ho scoperto di essere innamorata delle pale eoliche. E' accaduto così, un pò per gioco, un pò per caso, come nei più grandi amori ma senza quella notte di passione sfrenata che potrebbe non avere seguito. Quest'amore, infatti, non è nato in un letto o sul sedile posteriore di una macchina con i vetri appannati, è nato in autostrada, una mattina per caso, mentre andavo a Brindisi per una causa. Ricordo che quella mattina, il cielo era terso e c'era un sole timido che lo dorava di giallo tutt'intorno, e che mentre guidavo assorta nei mille pensieri che ti vengono alla guida di una macchina, e giurerei che quella mattina lì fossero davvero tanti, la mia mente all'improvviso si è persa. Si è sgombrata di tutto, di ogni pensiero, di ogni cura e i miei occhi si sono smarriti letteralmente alla vista di enormi, snelle e bellissime pale eoliche che sembravano danzare nell'aere, tanto erano aggraziate e leggiadre nel loro moto.
Non che alla mia età non ne avessi mai viste, o che non le conoscessi, ma si sa gli amori veri scelgono il momento giusto, lo decide il cielo, quelli malati, quelli tossici, più o meno si collocano sempre nei tempi sbagliati e fanno soffrire di più. Chissà quante volte le avevo viste, chissà quante volte ho tracciato lo stesso, ormai familiare percorso, chissà quante volte ho visto una pala eolica, eppure solo quella mattina là, la guardavo con occhi nuovi, diversi, ne ero come visibilmente ipnotizzata. E' come quando conosci qualcuno da tanto tempo e lo guardi sempre con gli stessi occhi, finchè un giorno per caso, per un motivo o per nessuno, ti accorgi che lo guardi con occhi nuovi, ti capita. Così è capitato con le pale eoliche. E' come se nell'alto del cielo vedi all'improvviso un unicorno alato che cavalca le nuvole, ma le pale eoliche nulla hanno a che fare con gli unicorni, anzi. Eppure il mio sguardo era fisso su quelle pale in movimento, del tutto ignare di suscitare una così bollente attrazione. I miei occhi erano incollati al cielo, le osservavo come stregata dal loro movimento, quel roteare lento e sincronico produceva in me un crescere di emozioni strane, ero letteralmente soggiogata e mi piaceva figurarmi appesa lì con le braccia, come su una strana giostra a danzare insieme a quelle pale, così vicina al cielo da poterlo toccare. Ti meravigli di come delle cose animate o inanimate possano di colpo trasmetterti un emozione, e tu te ne cibi perchè non puoi farne a meno, è carburante per l'anima. Ridevo, ero felice, felice per delle pale eoliche in movimento, mi sentivo in perfetta armonia con l'universo e parte di esso. E' buffo come la felicità viaggi in incognito delle volte, a tale proposito c'è un libro che una cara amica mi ha consigliato, e devo leggerlo, lo farò presto. Quella mattina la mia dose di felicità quotidiana erano le pale eoliche. Credo che le amerò per sempre, è un amore nato per strada e che si rinnova ogniqualvolta ci riincontriamo, è un amore impossibile, sono troppo fuori dalla mia portata quelle pale lì,hanno uno stelo troppo lungo, ma ho letto da qualche parte che gli amori impossibili restano i più belli da vivere, da non vivere. Quelli amori lì non hanno una dimensione concreta, sfuggono, del resto l'amore fugge, è birichino e si nasconde, lo fa finchè può. Quelli amori lì sono eterni. mi piace pensare che non si rovinano, non cambiano, non si sporcano, non si rompono, trovano sempre qualcosa da dirsi, da raccontarsi, sono un pò come quelle pale eoliche fisse e intente nel loro moto infinito verso il cielo. Non si può fare l'amore con una pala eolica, eppure giurerei che i miei occhi l'hanno fatto mille e mille volte, e giurerei che è stato sublime. L'immaginazione e la fantasia creano, non c'è una dimensione reale che limita, il connubio amoroso è vissuto con un'intensità vibrante che appaga perchè la tela del quadro è bianca e i colori da usare sono infiniti. Così nacque il mio amore per le pale eoliche, così nascono certi amori impossibili ed eterni.

lunedì 20 maggio 2013

La chirurgia o l'amore???

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Guardavo una puntata di Gray's anatomy con lo stesso rapimento che mi assale quando mi perdo in qualcosa che mi piace, perchè mi perdo davvero quando qualcosa mi piace, la mia testa va, migra in posti che nemmeno lei conosce e si stupisce sempre e si ferma, si blocca come se li davanti avesse uno stop. E quel segnale di stop immaginario diceva pressapoco questo: L'amore o la chirurgia?... e suggeriva a me immediatamente l'amore o il tuo lavoro, l'ambizione, ciò per cui muovi il culo dal letto al mattino, ciò per cui ti sei fatto il culo fin'ora. E' senza dubbio alcuno una bella domanda. Siamo felici oltremodo quando li abbiamo entrambi, lavoro ed amore, felici oltremodo. punto. Infatti senza pensarci troppo io risponderei a questa domanda con un'altra domanda, questa :" perchè mai dovrei scegliere, perchè non posso avere entrambe le cose, le voglio tutte e due più o meno insieme. Ma allo stesso modo?... Intendiamoci non che io attacchi un'etichetta sull'amore, l'amore è. ma in questo caso diciamo che non mi sto riferendo ad un amore di plastica come canta il grigna, ma ad uno vero, che nasce e ti tira dentro il suo vortice dapprima con un desiderio ebbro, poi con tutte le sue lusinghe e le sue cure, che ti sazia e mai ti svuota, che c è e che ti sveglia al mattino e ti culla la sera, insomma un amore con l'anima, di quelli che ognuno di noi vorrebbe avere. E se hai anche anche un lavoro con l'anima?? Cosa sceglieresti con una pistola puntata alla tempia?... quali delle due anime?.. E qui lo Stop. Non serve ragionare, serve l'istinto, o forse non serve proprio nulla tranne che fare un tuffo in quella parte di noi primitiva e incontaminata, spulciarsela un pò e chiederti " Manu che vuoi"?... a saperlo!!!..... sono una passionaria io, una che lotta, che si arrabbia, che ti grida in faccia quello che vuole, che ti tira i piatti addosso, che non sa stare in un angolo ad aspettare passiva, sono una che si muove, una che deve sentirsi viva sempre e comunque e se in un momento provassi a chiedermi cosa mi fa sentire viva e mi schizza l'adrenalina al cervello, bè direi in una parola, un'emozione. Tutti e due se ne vanno, se vogliono, di punto in bianco, puf e ti mollano!Nessun Guaio se ad andarsene è l'amore dici?.. o quello che tu credi lo sia, perchè se è lui, bè stai pur certa che non se ne va e non lo perderai mai, farà forse dei giri immensi, su se stesso o magari altrove, ma resta, resta sempre come un cane accovacciato dietro la tua porta con gli occhi pieni di una tenerezza indicibile e pronto per te, sempre. Se poi non è lui, sai che c'è, bè meglio perso! Credo e lo credo davvero che ognuno di noi è talmente speciale e perfetto e degno di quell'amore che ti lascia senza fiato, che ognuno di noi dovrebbe ambire a questo e non accontentarsi mai. Perchè è accanto, con, per, che puoi costruire davvero magari una piccola capanna ben accessoriata per due, ma che rimarrà integra dopo la tempesta. Ci si trova per un periodo, ci si perde per un periodo, ci si trova per sempre, o non ci si è mai trovati. Siamo come pezzi di un meraviglioso puzzle, bè fermati quando trovi quello con cui ti incastri alla perfezione. punto.

Discoveries.

 
E poi si scopre. Lei che si conosce a menadito e che ha la perfetta percezione di se stessa, che crede di avere saputo tutto di se, capito tutto di se, poi si scopre ignorante. Rimane come nuda di fronte ad uno specchio, disarmata davanti a delle cose, a delle sensazioni che le dicono, che forse c è dell'altro, e con l'indice le indicano tutto l'altro cui alludono, e che probabilmente c'è davvero. L'altro che ti scopre. Ecco perché non ho mai prestato troppo orecchio o attenzione, che dir si voglia, a chi ti dice, forte di una convinzione quasi plastica e che tu invece fai fatica perfino a percepire, figuriamoci toccarla, che è fatto così, ti dice consapevole dell'enorme stronzata che sta x sputare fuori dalla sua bocca," io sono fatta/o così ", sono questa/o"!... Non siamo "questi", siamo "mondi"!... Anch'io sono di sovente caduta nel tranello di essere solo " questa", e forse comodamente, per un po', ho indossato una falsa consapevolezza e me la sono portata a spasso con me, come un paio di jeans fin troppo attillati per poter essere comodi. E' che mentre tu ti racconti qualcosa, nell'esatto momento in cui smetti di farlo, qualcos'altro intorno a te ti racconta che sei diversa, che non sei affatto, o che non sei solo quella che ti sei raccontata, che sei l'altro che inevitabilmente ti scopre e ti viene a trovare. E la scoperta di se stessi è continua e ha mille svariate piccole "discoveries", e poi la cosa incredibile è che avviene sotto i tuoi occhi in un modo così naturale, spontaneo, inaspettato, ha un impeto così irrefrenabile nel suo spiegarsi che tu sei lì, appostata ad un angolo e guardi te stessa che fa, che dice, che vive l'altro, tutto quell'altro che non conoscevi un attimo fa, che non credevi esserci un attimo fa, che ti stupisce adesso. E la scoperta è una vera forza della natura, ti lascia lì basita, inerme a guardare quell'altra te nella nuova veste, che in quel momento indossa, così a caso, perché l ha trovata lì poggiata su quella sedia in camera da letto e l'ha indossata subito, senza pensarci, senza capire, senza dirsi nulla. Questa è la scoperta, è quel brivido che ti corre su per la schiena mentre vedi tutto l'altro di te che si svolge sotto i tuoi occhi, e sei felice di ospitare tutto quell'altro in te stessa e ne ridi e continui a ridere. Siamo tante stoffe, siamo tanti colori, siamo tante cose, tante, tutte insieme in momenti diversi, guai ad escluderne una di qste cose, o a raccontarsi di esserne solo una parte, è come rifiutare tutto il bello che c'è, che bello poi può anche non essere, perchè non siamo solo bianco, c'è anche tanto nero, tante scale di grigio, siamo tanto brutti dentro a volte da inorridire al solo pensiero di noi stessi e tanto belli, a volte, da volersene innamorare. Ho imparato che non si è quello che ci si racconta essere e basta, sarebbe come descrivere se stessi, e non si può descrivere uno spazio infinito, quasi mai, perchè ogni giorno si è nuovi. la scoperta è incessante, ti segue, ti viene a trovare, e tu le lasci la porta aperta e la lasci entrare e lei ti racconta tutto l'altro che sei, ti disegna, ti fotografa nelle situazioni più improbabili alle tue prospettive o magari più vicine, solo che non riesci a scorgerle finchè non sei lì da spettatrice a vederti viverle. E poi ti si spalanca davanti un impressionante collage di foto, di cortometraggi che tu hai girato, e in ogni corto, in ogni foto, in ogni ciak sei diversa pur rimanendo tu. Ecco che l'unico, il solo aggettivo che qsta immagine mi evoca è " Stupendo" e vado ad accompagnarci "mondo". Siamo un mondo stupendo, siamo un incessante divenire. Immagino una vecchia signora con i suoi 80 anni suonati portati dignitosamente, che è ancora lì, spettatrice forse meno assidua del suo inconsapevole incessante divenire, che decide di fare una festa e di invitare tutte " le se stessa" che nel corso dei suoi 80 anni ha incontrato, ha amato, ha odiato e ha sempre accolto. bè mi figuro una serata superba con tante donne che raccontano la stessa , colte nel loro incontro con la scoperta. La vecchina si diverte un mondo, ha l'abito della festa, affonda in una poltrona di velluto rosso posta al centro della sala gremita di tutte quelle se stessa che le danzano intorno e ride e ride e non smette di ridere, e si guarda e guarda, vedendo in ogni donna intorno un pò di se.

Il più grande spettacolo dopo il big-bang.

Questo è un vecchio post.  Raccontano le emozioni.
Questo post mi riporta indietro di poco,si un mese quasi ad oggi, concerto di jovanotti a Lecce ed io c'ero. Lo stadio era gremito e l'emozione aleggiava nell'aere,padroneggiando indisturbata, l'adrenalina a palla si era bevuta il mio cervello, i neuroni erano coinvolti in una festa esagerata e la redbull non serviva,un sorriso gagliardo e scollacciato solcava la mia bocca e nei miei occhi scintille di vita, sprazzi di energie e bagliori di luce.Mi agitavo dagli spalti e saltellavo come in preda ad un'arcana possessione,ero soggiogata, preda fiera della musica, di quella voce che impazzava nell'aria e che sembrava pungolasse le stelle. In quel momento sapevo che io e la mia anima eravamo in perfetta sinergia, eravamo l'unico, vero grande spettacolo dopo il big-bang e tutto in quella notte superlativa poteva essere possibile.


domenica 19 maggio 2013

La Lucia.

... é un post che ho scritto un pò di mesi fa, in un altro luogo che non era questo blog, per ovvie ragioni.  Ne sono affezionata con due ZZ.

E' così che conobbi Lucia. Era la scorsa estate, quella che è andata via da qualche mese e che tornerà con le sue lusinghe di sole e di mare, ed io staccando la spina da tutto avevo accettato di trascorrere un pò di giorni da un'amica che aveva casa sul mare; quella lì che mi aveva ospitato non era un'amica vera, era di quelle persone che ti danno e poi tutto quello che ti hanno dato sanno abilmente togliertelo, non perchè trovino il modo di farlo, ma perchè conoscono solo quello. Però quella non amica mi regalò una vera amica che il mio destino non sapeva fosse lì sul mio cammino a breve. E qui volutamente divago, quante cose ci sono estranee e poi si svelano all'improvviso. Come avrei mai potuto immaginare che quella che era un'amica o si professava essere tale, che mi offriva casa sua per diversi giorni sarebbe sparita dalla mia vita e bandita dal novero dei miei affetti, e invece una persona che non sapevo neanche da dove venisse, la faccia che avesse, l'anima che avesse,da lì a poco ne sarebbe entrata x sempre, perchè a torto o ragione, ci sono quelle persone che quando entrano o la facciano in punta di piedi o facendo un gran baccano, sollevano proprio un polverone, ed è cosa buona, è come una musica che ti capita di sentire raramente, ma quando la ascolti hai quella voglia che ti nasce e ti cresce di farlo sempre. la musica che io ho incontrato sa di sound, sa di country, sa di fashion look, sa di bizzarro, sa di vero, parla toscano e scorazza indisturbata per le strade di milano e ha nome Lucia. Riprendendo il bandolo della matassa, messo alla rinfusa un pò di vestiti, qualche costume, telo mare e necessaria compagnia di viaggio tutta femminile in un borsone, dopo aver blindato con lucchetto e a doppia mandata una mattinata di quelle torride e infinite spesa in studio a scrivere, e all'ufficio postale a spedire quanto scritto prima, me ne partì con armi e bagagli alla volta del mare, giunsi nel primo pomeriggio e fu lì che entrata nella villa di questa amica, niente male tra l'altro, considerato che era a pochi passi nudi dal mare, bè entrataci vidi per la prima volta Lucia. non so spiegare per quale motivo questa persona, per quanto lontana dal suscitarmi appetiti di altro genere, atteso che sono etero convinta, attirava il mio sguardo a mò di calamita, non capivo però se la cosa fosse corrisposta. Ricordo che Lucia si dava proprio un gran da fare a sistemare, a ripulire in giro e fare ordine in casa, era una bella ragazza, bionda con questi capelli lunghi e scomposti che facevano da cornice a un viso un pò dorato dal sole e trapuntato di lentiggini, da cui sbucavano due occhi grandi verdi e vigili. Mi era subito sembrata una tosta Lucia, una di quelle che non te la manda certo a dire, una tipa sveglia, che sa il fatto suo e non mi sbagliavo. oggi posso dire che decisamente lo é. Bè non che le mie emozioni non mi ingannino mai, anzi purtroppo per quanto abbia questa sfacciata fortuna di sentirle, riconoscerle, non sempre ci ho preso, a volte si, a volte ho preso invece grossi granchi, e non che la polpa non sia buona, ma questa è una storia culinaria e non ci interessa adesso. Bè ripulimmo un pò in giro, tre ragazze messe insieme sono capaci di farne grandi di casini, ma sono anche capaci di mettere a posto in men che non si dica e ce ne andammo in spiaggia. Mi sentivo libera da tutto, da fardelli lavorativi, emotivi, familiari, ero libera e volevo godermela tutta, mi importava solo del mare, del sole, e di come mi sarei coccolata e fatta coccolare da quelle giornate spese solo a farmi bene all'anima, a crogiolarmi al sole, a fare lunghe nuotate, a respirare mare, io lo amo il mare. Fu così che io e Lucia cominciammo ad annusarci, camminando a piedi nudi lungo la battigia fino alla spiaggia di destinazione, e camminando giorno dopo giorno, in quello stesso percorso di passi cresceva la confidenza, cresceva la curiosità, si diventava amiche. Eravamo sempre in tre, ma la presenza dell'altra o si imponeva e sapeva farlo bene o non si sentiva. Io e Lucia invece filavamo dritte come treni che viaggiano, forse su rette parallele, ma vicini. bè in effetti il suo treno portava a Milano, il mio a Lecce, eppure eravamo più vicine di quanto potessimo riuscire ad immaginare. Mi piaceva Lucia, era schietta, diretta e anche tosta aggiungerei. Ricordo che una sera facendo rientro a casa, da una qualche finestra, fessura, o uscio che sia, era entrato un lucertolone di quelli che cercano la luce e se la passeggiano sui muri, bè è inutile dire che per me la festa era bella che finita, ho un odio nutrito per questo tipo di creature. Cenammo nel portico, anzi a dire il vero avevamo fatto scorta dell'impossibile, riso ai frutti di mare, patate al forno col polipo, gamberoni, pane fresco, formaggi, focaccine, e non ricordo cos'altro, ma ricordo con certezza che erano paghi gli occhi e lo stomaco. Intanto io dal portico osservavo il lucertolone nell'attesa e nella speranza che trovasse una via di fuga e si togliesse dalle palle, ma speravo invano. Il geco non voleva proprio saperne di abbandonare il campo e allora si doveva necessariamente lottare per mandarlo via e guerra fu, di scope. Io in questa situazione, ero la più timida, bè in effetti le paure hanno un non so chè di principio irrazionale, ma anche a metterci di mezzo la razionalità, io proprio dalla sedia del portico non mi schiodavo. Intanto invece la Lucia, abbandonati vestiti e orpelli, praticamente in mutande, si dava un gran da fare, armata di scopa a cacciare il malcapitato. Dopo aver messo sottosopra la stanza a suon di colpi sonori di scopa sul muro in ogni punto possibile della camera, dopo aver imprecato e stramaledetto tutti i gechi del mondo, dopo grida, risate, e confezionate ad arte le imprecazioni del caso, il lucertolone forse più stanco di noi tre matte, perchè solo in un secondo momento, mi ero data giusto un pò da fare anch'io, vincendo quell'irrazionale fobia, bè il geco sparì dalla scena e noi tre vinte dal sonno anche. Lucia non é mica una che passava inosservata, bè non lo so in effetti se ci mette del suo in questo, ma devo dire che capita anche a me, e non sempre, anzi quasi mai ci metto del mio perchè accada. E non parlo di bellezza. Parlo di qualcos'altro, che va oltre, che sta dentro, che grida, credo si chiami personalità, identità. Non c è al mondo uno che somigli ad un altro, o meglio ci sono persone diversissime tra loro, ma prelevando un campione di mille persone diverse, in queste mille, forse ne puoi trovare 3 che si somigliano e ovviamente mi riferisco a quello che hanno dentro, non a quello che hanno fuori, lì c'entra solo la natura. lucia scrive, non poteva non piacermi, le persone che scrivono hanno un mondo dentro, non che quelle che non scrivono non ce l'hanno, solo che è più difficile toccarlo, è più difficile che venga a galla, o che una volta venuto a galla resti in superficie e si faccia vedere. Lei scrive di moda, ed è davvero tanto brava, ha una sensibilità, una gioia dentro, non si ferma mai, accosta colori, sapori, gusti, e poi è una che ci sa fare con le cose, con le parole e ci prende anche con le persone. Ha diversi cuori tatuati sul corpo, e ricordo che quest'estate fui attratta subito da questa cosa, non ne capì il senso, finchè non glielo chiesi, anche se realizzai subito, o quasi subito, che non c è un senso in qualcosa in cui uno si riconosce, può essere un cuore, o qualsiasi altra cosa, è qualcosa di suo, con un significato che solo chi lo fa sa riconoscere veramente o leggere, è come un codice che va dritto a quello che sei. Lucia ha un cuore grande, e non ce l ha solo sulla pelle. Aveva anche un orpello, direi stravagante che ne richiamava la forma, un anello con su montato un cuore rosso e grande, un bell'orpello di cui mi impossessai all'istante, tanto mi piaceva, poi però glielo restituì, anche se confesso che avrei tanto voluto tenerlo. E' una stravagante nel vestire, nell'accostare i colori, è una che se ne frega dei clichè e fa un pò come gli pare. E' una che tu la vedi e pensi " maremma bonina" pare uscita dai cartoni!... Ci sono persone che con la fantasia non solo ci giocano, ma ci vivono e ci lavorano, io per esempio, guai ad usarla nel mio lavoro, anche se confesso, ci provo spesso, poi però devo attenermi alla regola, linguaggio tecnico e giuridico, niente divagazioni letterarie e non, e mi tengo il mio bel bavaglio sulla bocca e faccio tacere ab torto collo la mia smisurata voglia di fantasia, che però sfoga in altro e anche molto volentieri. Lucia è un'artista, dai blog, ai diari, alla moda, alla fotografia e poi è davvero brava a costruire i sorrisi con tutto quello che le capita, matite, penne, cibo, oggetti vari. La invidio quasi un pò per questo, non deve essere facile, figurarsi uno smile nelle cose, lei lo inventa se non cè, ma lo trova e lo fotografa anche. Come non affascinarsi a questa persona, come non incuriosirsi davanti a una donna così, coi tacchi sempre alti, ma alti tanto eh... che serve una scala per raggiungerla e dalla bocca rossa e a cuore, si adesso che ci penso ha la bocca a cuore lei, specie quando la tinge di rosso fuoco e va sicura per le strade di Milano. Lei è quella che ti dice "... cioè no bello eh ma cosa... su dai pedalare pedalare... lei è quella da... " cesso a pedali "... da ... " ti incula a pressione "... eh si è proprio una bischera, una gran bella bischera che mi ha toccata qui dentro così per caso. Che poi c è stato un episodio, che credo, ci abbia come cementate e non lo ricordo, a dire il vero molto volentieri, ma credo proprio che sia stato in quel preciso momento che io e Lucia ci siamo guardate come fanno due amiche che si vogliono bene. Eravamo tornate da una lunga passeggiata sulla spiaggia di notte, quella sera, stanche dalle fatiche del sole e del mare, non volevamo fare nulla di che, e così decidemmo, una volta cenato, di camminare a piedi nudi lungo la battigia verso Torre lapillo, era un bel tratto, ma la sera era generosa, l'acqua del mare che lambiva dolcemente la spiaggia, bagnandoci i piedi era calda, sembrava acqua di sole, la luna era un grosso melone giallo e il cielo era bruno e sereno, c era silenzio intorno, un silenzio rotto solo dall'ormai familiare fruscio delle onde e dalle nostre chiacchere. Fu bello passeggiare lungo il mare, era come se tutti i sensi fossero in pace, e lo erano. Era una di quelle notti in cui senti che non ti manca nulla per essere felice e senti che quella felicità non sa di ciò che hai, ma di ciò che sei e ti basta e ne respiri a fondo e senti l'aria che ti entra nelle narici e scende dentro a riempire senza svuotarti mai. Io mi sentivo così, piena e felice. Tornate a casa, andammo a dormire, era l'ultima sera prima della partenza, Lucia aveva il treno alle 5 del mattino, mi dispiaceva, avevo incontrato un amica e già un treno se la portava via a Milano, ma ero comunque felice del treno che l'aveva condotta da Milano a Lecce perchè l'avevo conosciuta. La sveglia era per le 4, ma non suonò. Lucia si svegliò di soprassalto, era tardi, ricordo che lei si affannò a recuperare, vincendo il sonno, le valigie e le sue cose, ed io mi misi qualcosa addosso e corremmo fuori verso il ciglio della strada, dove l'aspettava un suo amico per darle un passaggio in stazione. Fu un brusco risveglio, di lì a poco. Mentre camminavamo in fretta verso la strada principale, c'erano per essere appena le 5 del mattino un vociare e insieme un silenzio terrificanti, e nel buio, una luce arancione echeggiava e stordiva. Poi da un villino vicino alla strada, un uomo ancora affamato di sonno ci diceva che era morta una ragazza, schiacciata da un auto in corsa. In quel momento io e Lucia ci guardammo e ci stringemmo ancora di più la mano, lei se ne andava a Milano, qualcuno invece in quel momento era andato via per sempre e giaceva lì a pochi metri da noi, coperta da un lenzuolo. Io non so quello che ho provato, forse in quel momento ero incapace di provare qualcosa, mi sentivo stretta nella morsa dell'assenza, mi sentivo a un tratto svuotata di tutta quella felicità che prima ero stata in grado di provare, era come se qualcuno me l'avesse tolta all'improvviso, come se mi avesse gridato che non la meritavo e me l'aveva strappata. La poverina, di cui restavano solo le spoglie inermi e coperte, era andata a festeggiare il suo compleanno in spiaggia con gli amici, studiava fuori, aveva forse 20 anni, bè in quel momento ricordo che ho bestemmiato, ho gridato che non si può morire a vent'anni, non si può morire prima di aver sognato un pò, prima di aver vissuto abbastanza, prima di aver assaporato un pò di vita, bestemmiavo si, e piangevo e mi sentivo impotente davanti alla morte, insicura. Lucia era andata via, ma anche lei sentiva le stesse cose, lontano da me, da quell'amicizia che in quel momento poteva salvarci, poteva confortarci in quella notte. Tornai a dormire col cuore in gola, gli occhi erano fissi al soffitto e sentivo un gran freddo crescermi dentro, non capivo come un dolore estraneo a me, potesse invece diventare così vicino da farmi star male. Non dormì nulla, non riuscivo a dormire, ero distratta da tutto, dal quel maledetto film appena visto, che volevo fortemente appartenesse alla finzione, e invece era vero e tornava a far male, ed ero anche distratta dal neon della stanza, da una strana intermittenza che non avrei mai notato, e invece notavo, era un'intermittenza sistemica e da lì a breve mi figuravo che sarei morta anch'io, ricordo di averlo pensato e per sfuggire al pensiero che mi perseguitava senza indugio, mi alzai alle prime luci dell'alba, infilai il costume, ero svilita, stanca, affamata di sonno e incapace di dormire e corsi in spiaggia. Nuotai finchè avevo fiato e nuotai ancora e piansi e poi mi addormentai e mi svegliai con la spiaggia che cominciava a popolarsi di gente con i suoi ombrelloni, le sue sdraio,come fosse un giorno normale e andai via, pensando che non era per niente un giorno normale, era un giorno di merda, ma tutto continuava a scorrere lo stesso, il sole era ormai alto, il mare aveva la stessa limpidezza, il cielo era terso, solo lei non c era più.


Fu così che conobbi Lucia.

Odore di menta.


    
Spuma bianca porosa
Pietra nera e dura
Polvere di sabbia
Tempesta che infrange

Oceano e fuoco
Abisso e vulcano
Getti d’acqua e
Lapilli di brace

Parole di vento
Che fuggon lontano
Risa e pianto e vita
Che scorre

Bocca e mani
Piedi e capelli
Desideri e profumi
Di un tempo che fu

La notte e la grotta
Il buio e il silenzio
Noi due persi in un mondo
dove tace ragione

pelle e pelle
respiro e battito
occhi negli occhi
ore su ore

attimi eterni
di un amore che fu
di un mare di luce
di un cielo di note

danza e musica
di un antico piacere
mi sveglia o son desta
il viso mi bagna

dolce sollievo
la luce del giorno
odore di menta
nell’aria marina.
            

e....se...!




 
 
... La nostalgia sa di qualcosa che non conosci finchè non la senti in bocca. Ha un sapore amaro come il fiele, poi quando si spalma bene sul palato diventa quasi dolce, come se avessi appena mangiato un buon cioccolatino e quella sensazione di dolce ti è rimasta ferma sulla lingua, fino a sfumare lentamente. Ma la nostalgia non sfuma così. E' come se all'improvviso si riempie di amaro d'un tratto, un amaro che non sopporti, ti servirebbe un qualcosa di forte per mandarlo giù, un buon bicchere di qualcosa che sia forte abbastanza da spegnere l'amaro, da anestetizzare la lingua e fugare la nostalgia. Quando questa bestia morde, bè fa male, brucia nel petto forte, come quel rum che hai mandato giù, solo che quello ti accende un focolaio di piacere giù in fondo e pensi che sei al sicuro, al caldo, un caldo che scioglie e stordisce, invece la bestia continua a mordere e a bruciare e senti che non ti molla, finchè non ti molla. Poi sfuma. E' dolce nello sfumare, ma lenta, se non fosse così lenta sarebbe anche sopportabile. La nostalgia strugge e t'infiamma e tu sei lì che inizialmente la osservi mentre lei si fa i cazzi suoi, poi la combatti e le dici chiaro di andarsene un pò affanculo, poi la tieni perchè ti apre qualcosa dentro che ti arriva al cervello e ti dice quello che magari già sai, ma che devi dimenticare. Sai che lei torna, sai che nel bel mezzo della notte ti sveglia, sai che a un certo punto la odi e a un certo ancora non puoi farne a meno, così come sai che poi se ne andrà, come fanno tutte le cose. Se ne andrà anche lei, magari un bel giono col sole, non la vedrò più arrivare. Ci sono nostalgie e nostalgie, nostalgie che ammalano e tornano, nostalgie che ti prendono e poi muoiono, quelle che muoiono non passano dal cuore e benchè meno dicono qualcosa al cervello. Te ne andrai col sole caldo dell'estate, forse mi lascerai prima, e non ti verrò a cercare, mai. Qualcosa me l'hai detta, la dici sempre quando mordi, solo che delle volte conviene non sentire, volgere lo sguardo altrove e tapparsi bene le orecchie. Tira vento quando lei c'è, ed è un vento freddo, eppure non è figlia dell'inverno, arriva quando vuole e quando vorrà se ne andrà. Capita che te la ritrovi proprio lì nelle orecchie, densa e amara in una canzone, tra le righe di un libro che ti metti a leggere un pò per noia, un pò per diletto e persino in un game cui ti attacchi solo per mandarla via. Capita, capitano tante cose, tra un pò, ma proprio a breve capiterà perfino la pioggia col sole. Poi c'è che la nostalgia prima di andarsene, dopo che ti ha stretta ben bene nella sua morsa, ti fa sorridere, perchè tu sai perchè è venuta, come sai che non puoi farne a meno, ma ti scrolli di dosso quel pensiero e vai verso una strada soleggiata, incedi con aria frettolosa, ma sai già che te la ritroverai alla prossima fermata e lì la ignorerai di nuovo, passerai oltre e sorriderai. Sai che lo farai, perchè non puoi fare altro che osservarla mentre ti cammina accanto o te la ritrovi di fronte, o ti segue o ti abita dentro. Poi arriva quel giorno che se ne va e magari proprio quel giorno lì capirai che la vuoi, finirà per mancarti e la andrai a cercare e non sarà più tempo. A volte, ma giusto qualche volta la nostalgia la vuoi.