lunedì 30 settembre 2013

Play a song for me.


E' una strofa di un repertorio rock tratta da una canzone folk di  Bob Dylan "Mr Tambourine man". E' targata 1964 ed è figa. Io sono una con l'anima  un pò rock, lo sono da sempre, e certe cose non posso che apprezzarle, ma stasera voglio leggere nelle strofe di questo testo un altro significato. Del resto ogni cosa assume un significato diverso a seconda degli occhi con cui la si guarda.
Mi piace pensare che sono io quella vagabonda che una sera di un giorno che verrà chiederà ad un fantomatico Mr Tambourine di suonarle una canzone. E credo che non lo interromperò mentre suonerà e canterà per me, avrò orecchi solo per la sua voce e le sue note, mentre la notte starà per terminare e ci sorprenderà un jingle-jangle morning E credo che mi sentirò a casa. Mi sono sentita poche volte a casa con una persona, sono cose che capitano di rado, ti senti libera, stai bene, senti che puoi solo essere te stessa. Bè a me va di pensare che una sera di un giorno qualunque che verrà mi sentirò così, e questa vagabonda dimenticherà il dolore dell'oggi fino a domani. Ecco come stravolgere un manifesto del rock condendolo di nostalgia, speranza, attaccandogli addosso un viaggio suggestivo tra sogno e realtà!
« Ragazzi, in realtà il "Tambourine Man" è lo spacciatore medio del Greenwich Village a New York che si gira tutti i club del quartiere: entrato in uno di questi, si siede al bancone ed inizia a battere le nocche ritmicamente sul bancone, e questo è il segnale per far capire che ha la roba. Il cliente gli si avvicina e gli fa "Hey, Mr Tambourine man, play a song for me" per far capire che è interessato, e quindi risolvono l'affare. 
Ora chi è davvero Mr Tambourine man? Colui che suona una canzone ad un vagabondo e gli restituisce un sogno sottraendolo al dolore dell'oggi o lo spacciatore medio di Greenwich Village?  Lo saprò quella sera di un giorno qualunque che verrà, forse, se lo incontro.


domenica 22 settembre 2013

Arancio di fuoco.

 
Il mio blog si tinge d'arancio, non l'ho deciso io. Il mio cammello rientrato dal Sahara. Si è raccontato molto oggi, e per quanto arrivato venerdì, langue di nostalgia. Ah l'amore che danno!..
Questo tappeto di foglie arancio che arreda il mio blog, mi rimanda ai tramonti infuocati sulla riviera di Levante, tramonti che ho ancora negli occhi, quella riviera, dove scorgi il profilo della Calabria, lontana e così vicina che ti pare di toccarla, dove il sole annega nel mare e lo tinge di energia e di colore. Mi catapulta nell'autunno, pare sia autunno da ieri, e già un pò si sente sulla pelle, il sole oggi picchiava un pò, ma era una carezza lieve mitigata dal vento. Arriva la stagione del maglioncino che ti scalda perchè il sole non lo fa più, la pelle la copriamo dietro strati di stoffa e ci scaldiamo un pò, forse ci proteggiamo anche. L'abbronzatura si lava via, quello che ti è rimasto sulla pelle, no! Le foglie presto cadranno e avranno l'esatto colore del mio blog, si tingeranno di giallo, d'arancio, di rosso rame, si staccheranno dagli alberi. Gli alberi saranno più spogli, le foglie mancheranno. Riprende l'appuntamento fisso col libro sul comodino, per tappare parentesi di giorni lunghi senza quella luce solare che spalanca il cuore, riprendono le corse in camporella al mattino prima di andare a lavoro, riprende l'Ipod fisso alle orecchie con la musica sparata a palla, quella che ti fa svenare, sognare, o semplicemente ballare da sola, in palestra mentre corri sul tappeto, o in casa mentre ti eclissi dal mondo. 
Riprendono le corse in tribunale, i giorni spesi in studio a scrivere e a studiare, i miei impegni creativi, pause di diletto come bocconi di eternità. La mente in rodaggio già da un pò, familiarizza con i miei post-it, i miei pezzi di vita colorati attaccati all'agenda, alla scrivania, sul p.c. E la vita si colora d'autunno, tanti libri da leggere, tanti impegni scanditi in inchiostro, scadenze e partenze.
E poi se langui di nostalgia, corri al mare e ti rubi un pò di energia, lo respiri a lungo mentre furioso ti parla, e quello che ti dice lo capisci solo tu. Il mare ti risponde, sempre, è quella musica naturale che ti arriva dentro e ti da le risposte che cerchi, ti tira fuori tutto quello che non vuoi e ti tocca dove nessuno sa.
Silente o furibondo ti parla senza voce. L'arancio del mio blog sa di passione, di una passione d'autunno, quella che spero di trasmettere a voi, che io sento viva quando scrivo, che pulsa forte, in quest'autunno di più! Perchè la passione è una sostanza purissima che ti nutre le cellule, che ti fa fare solo cose buone, che ti fa dare il meglio in tutto ciò che fai, che ti accende come una torcia, che ti fa salire addosso una febbre, la più bella che possa venirti, la  voglia di vivere fino all'ultimo battito.

giovedì 19 settembre 2013

L'eterna lotta tra il vecchio e il nuovo.



Pare ci sia un posto in una zona remota della scatola cranica, piccolissima ma profonda come una grande voragine, un buco nero, che ha un nome che non è scientifico, e che risolve, credo, la maggior parte dei problemi dell'esistenza umana. E li risolverebbe, si li risolverebbe, se solo non facessimo avanti e indietro da sto posto qui, perchè lì in fondo ci buttiamo tante cose che sedimentano, magari cose in cui abbiamo creduto, cose in cui abbiamo sperato, cose in cui speriamo ancora, cose cui non abbiamo voluto dare un nome, persone, persone che abbiamo considerato sbagliate, persone con cui abbiamo diviso qualcosa, vissuto, litigato, amato, creduto di poter amare. Pezzi di vita che buttiamo in questo buco nero, pezzi di vita che abbiamo etichettato come "rifiuti", che abbiamo deciso di buttare via proprio lì nel dimenticatoio, per svariate ragioni, non ci hanno convinto, ci hanno deluso, non sono funzionali al nostro presente, sono come l'aria fritta, dopo un pò sfumano, non hanno consistenza, non hanno motivo di appartenere al nostro presente e benchè meno al nostro futuro. Però per una qualche strana ragione noi torniamo in quel posto, e riprendiamo qualche pezzo di vita lasciato lì a sedimentare, lo riportiamo alla luce, lo facciamo pesare di nuovo nella testa, lo riviviamo, e ci crediamo ancora, forse perchè la voglia di credere in qualcosa, che comunque sia, ha fatto parte della tua vita, anche se per poco, che ti ha fatto emozionare, vibrare come una corda di violino tesa, quella voglia lì resta forte. Ed è questo l'errore, l'andirivieni dal dimenticatoio.
Possiamo aprire la porticina di quest'angolo della testa, guardarci dentro e lasciarci annegare un pò di sana o insana nostalgia, ma poi richiudere la porta e lasciare tutto lì. Cambiamo continuamente, cambiano le cose intorno a noi, ma dobbiamo permettere loro di cambiare, e un modo per farlo è dimenticarsi del dimenticatoio. Dobbiamo abbracciare la consapevolezza che se abbiamo deciso di cestinare delle cose o delle persone, dobbiamo lasciarle lì, perchè anche se le tiri fuori dal cilindro o si tirano fuori da sole, potranno solo costituire un'ulteriore delusione, le persone non cambiano, sono capaci di darti esattamente quanto ti hanno dato prima, semmai rincarano la dose.
C'è una legge di natura che noi umani, forse per trastullarci, per il gusto di sfuggire al tedio, per gioco, per egoismo, ignoriamo e lo facciamo volutamente. Quando qualcuno, qualcosa non ha funzionato, e ti ha dato un'anticipazione di quello che può darti o non può darti, se non è quello che ti serve non ha senso alcuno riprovarci, raccattare questa cosa qui e incerottarla, ricomporne i pezzi come si fa con un vaso rotto, e lo stesso vale per una vecchia anfora di inestimabile valore, le cose rotte restano rotte, gli abiti consunti restano consunti, potrai ricucirli, rammendarli ma il rammendo sarà visibile e prima o poi la stoffa cederà e farà ancora più male vedersi le spalle scoperte. Se facciamo delle cose, non le facciamo perchè in quel momento siamo incapaci di intendere e di volere, siamo ubriachi pesti, deboli, o perchè abbiamo un cedimento strutturale, ma cediamo, lo facciamo perchè c'è qualcosa che non funziona, solo che la paura di guardarsi dentro è folle, e quindi si preferisce continuare a tenersi il vaso rotto e a fare maggiore attenzione affinchè non cada dal tavolo. Io non credo ai rammendi, non credo ai pezzi che si ricompongono, io credo alle opportunità, credo all'energia di qualcosa, credo che serva coraggio per buttare via qualcosa, ma credo anche che quando lo si fa non si debba tornare indietro. Ho cambiato la serratura al mio dimenticatoio, l ho chiuso a chiave bene bene e il chiavistello è pesante, di ferro grezzo, ho buttato via le chiavi. Per un bel pò di tempo non voglio andare a guardarci, voglio guardare avanti, dritta all'orizzonte. Dimenticate, dunque! E' un passo avanti verso il nuovo che vi viene a trovare, perchè il nuovo è energia, potenzialità, forza, qualcosa che non conosciamo, che potrebbe essere la soluzione ai nostri vasi rotti che ci ostiniamo a ricomporre. Se poi qualcuno o qualcosa dovesse riuscire a trovare le chiavi del tuo dimenticatoio e a tirarsi fuori da lì, bè dovrebbe essere davvero molto speciale.

giovedì 12 settembre 2013

Tormentone Peppa Pig.

Studi accurati e fior di statistiche rivelano che quando una bimba/o non ha la tua attenzione è perchè guarda in tv o sull'ipad della mamma, il cartone, pare,  più famoso del pianeta.
Ebbene si i suoi curiosi occhi sono attratti a mò di magnete da una vispa maialina tutta rosa e assai caruccia, che ho scoperto chiamasi Peppa Pig e dalla scoperta, neanche le Americhe, la mia curiosità ha fatto le bizze e varie volte, di proposito ho guardato insieme alla mia piccola, questo grazioso animaletto alla presa con le sue avventure.
Ogni singolo episodio pare durare un quasi nano secondo, in realtà sono 5 minuti, ma arriva la sigla e non te ne accorgi nemmeno. E' un cartone made in England, felicemente approdato in Italia nel 2010 e narra in dei minuscoli cortometraggi le vicende di una buffa maialina di 5 anni, della sua famiglia, mamma Pig, papà Pig e George Pig.
Tanta fantasia mi verrebbe da dire.. per i nomi dei componenti della famiglia Pig, ma fosse altrimenti credo non sarebbe così originale. Mamma Pig fa la casalinga, è molto attenta e premurosa e lavora da casa col suo p.c., papà Pig fa l'architetto, mangia di continuo ed è distratto spesso e volentieri, George Pig è il fratellino minore, convive con un dinosauro giocattolo e qualsiasi cosa gli venga chiesta tranne che non abbia come risposta la torta al cioccolato, risponde sempre " dinosauro". Poi ci sono i nonni e gli zii Pig come in ogni famiglia che si rispetti, e intorno alla famiglia centrale ruotano gli amici, miniature curiosissime di ogni animaletto dell'arca di Noè il cui nome inizia sempre con la stessa lettera con cui inizia il nome della specie animale in inglese, tipo Suzy pecora, l'amica del cuore della piccola Peppa, come  sheep in inglese. E poi ci sono Rebecca coniglio, Pedro pony, Zoe zebra e tanti altri ancora.
Negli episodi si snodano le storie della famiglia Pig e di tutti i personaggi della serie cartone in questione, tipo c'è la maestra di Peppa, Madame Gazzella, il dottore Orso Bruno che cura gli abitanti della cittadina quando sono ammalati, insomma tante curiose e se vogliamo attuali, quotidiane vicende si susseguono in questa telenovela mediatica che ormai sta diventando un fenomeno in tutti i sensi. Quando qualcosa funziona diventa un business ed è quanto accade a Peppa Pig, si vende di tutto che porti questo nome, zaini, quaderni, giocattoli, peluche, teli mare, astucci, portasaponi, ho visto davvero di tutto, patatine, caramelle, piccoli monili, bicchieri. Insomma imperversa il business targato Peppa Pig, e questo c'era da aspettarselo. Ma quello che mi sono chiesta è cosa abbia di così straordinario, educativo, inimitabile la maialina rosa che un qualsivoglia altro cartone non possa eguagliare? Sta forse per sbaragliare la tanto famosa Hello kitty?.. bè se non l'ha già fatto credo sia sulla buona strada!!!
Peppa col nome che si porta dietro, a dir poco goffo, ha conquistato anche gli adulti. A loro dire questo cartone sarebbe molto educativo, io personalmente ritengo che l'intercalare del verso di un maiale così educativo non è, ma se le statistiche mi smentiscono, che dire W peppa e i maiali del mondo. Poi per quanto mi riguarda potrebbe essere un serio danno, considerando il fatto che hobby prediletto di peppa e company è saltare nelle pozzanghere di fango, fare versi buffi, dispettucci e combinare disastri, bè una mamma che si ritrova un pargolo già indomabile di suo con peppa all'orizzonte sul suo schermo tv avrebbe solo da imprecare. Ma c'è un grande " Ma" che oscura questi lati non educativi del cartone in questione, perchè si da il caso che questi episodi narrino oltre che vicende di dispetti, bagni di fango e marachelle, di storie dove risaltano valori inossidabili e sacrosanti, l'amicizia, la famiglia, lezioncine di vita quotidiana dove spiccano insicurezze, debolezze, errori che possono verificarsi di sovente nel quotidiano e che poi hanno un lieto fine con tanto di insegnamento, un pò come le fiabe tanto amate dai bambini. Ecco che Peppa Pig è la fiaba che approda in tv, con tanti scenari colorati e vivaci, capricci e insegnamenti. Quindi lasciamoli pure davanti alla Tv questi cuccioli d'uomo, ciò che giunge loro agli orecchi e alla vista arriva dritto dritto ai neuroni che non si sa cosa possono partorire di lì a poco, sono motori splendidi di planetaria intelligenza. E badate bene che potrebbe accadere che un giorno la vostra piccola vi chieda di portarla nell' Hampshire dove è stato da poco inaugurato un parco giochi a tema, il peppa Pig world. Io ve l ho detto, siete avvisati!

lunedì 9 settembre 2013

Le contraddizioni dell'ovvio.

... Ci sono regole scritte, la Costituzione per esempio, i comandamenti e poi regole non scritte. Penserete che ho appena scoperto l'acqua calda?! Pensatelo pure, magari è vero. Per regole non scritte intendo delle regoline semplici semplici laddove il cervello incartato in gineprai senza uscita, cui diamo il loro giusto nome "seghe mentali" non arriva. Scripta manent, vero, tutto ciò che è scritto resta tale e quale nel tempo e non è in modo alcuno soggetto a variazione o ad equivoco, ciò che non lo è è oggetto di interpretazione, l'interpretazione da adito a confusione, a non oggettività, a seghe mentali. Sembrerebbe che queste robe qui siano prerogativa delle donne, che a ben dire degli uomini viaggiano con le interpretazioni a sfogo libero e costruiscono castelli... di sabbia! Quando parliamo di regole non scritte nell'ambito delle relazioni interpersonali parliamo di un'ovvietà che non si capisce per quale legge della complicazione moltiplicata al cubo, prerogativa prettamente femminile, sfocia nel "forse", nel "credo", nel " presumo", e poi dirotta verso " tu che dici"?, " tu come la vedi"? tu che pensi"?.. Insomma per dirla breve sfocia nel quasi necessario coinvolgimento di più interlocutori su un x o y argomento che trecentocinquantaquattro volte su 700, e ci siamo mantenuti bassi, ha a che vedere con un uomo e con cosa abbia fatto o detto, anche nell'esatto caso in cui il malcapitato in questione ha fatto o detto l'ovvio, lungi ora l'intenzione di dipingere gli uomini come santi, anzi, credo siano dei provetti calcolatori, che a differenza di noi " femmine" una ne pensano e quella fanno. La disamina delle regole non scritte nelle relazioni somiglia un pò a quanto accade in un film terapeutico, che se non vado errando, avrò rivisto 5 o 6 volte da quando ne ho appurato l'esistenza. Il titolo dice pressapoco tutto" la verità è che non gli piaci abbastanza" e questo ingloba tante piccole regole non scritte che possono funzionare come un avviso cautelare, non gli piaci, mettiti l'anima in pace e guarda oltre, anche intorno. Insomma se Tizio non "comunica" con te, avendoti chiesto il numero di cellulare, di telefono, o qualunque combinazione numerica che giunga al tuo cospetto, (e uso il termine "comunica" perchè oggi la comunicazione si è di molto evoluta, o involuta,  e questa è una considerazione discrezionale, io opto per la seconda, decisamente ritengo che si tratti di involuzione comunicativa), bè tirando le fila se non ti whatsappa, non ti telefona, non ti contatta con piccioni viaggiatori, segnali di fumo, non ti citofona sottocasa, non arrangia una serenata sotto il tuo balcone, non ti manda rose e nemmeno verdura, bè in questo caso siamo all'ovvietà della prima regola non scritta " Se un uomo non ti chiama non ti vuole" e qui presa di consapevolezza,  tripudio di gioia successivo, scrollatina di spalle e sguardo fisso intorno e all'orizzonte, nel mare ci sono tanti pesci, quindi perchè spendersi per il pesce sbagliato che magari sta appresso ad una trota e sta cercando di trovare il modo di passare all'acqua dolce??.. Seconda regola non scritta : Se un uomo vuole stare con te, stai certa che il modo lo trova, sempre. Quindi anche qui l'uomo torna ad essere ovvio e chiaro, non fa?.. non vuole. Smettetela e dico sul serio donne del pianeta di credere che non può, che vorrebbe, che è bloccato, che è in crisi esistenziale, che è partito, che ha problemi, che non vuole storie,  quelli li farà solo venire a voi se gli starete appresso, perchè poi sempre grazie a questa comunicazione involutiva, scoprirete che sulla bacheca di una tipa x, l'uomo che non poteva,  è bello taggato nero su bianco in un luogo esotico. I miracoli di facebook!!! Quindi evitatevi di sprecare tempo ed energie e anche sedute dallo strizzacervelli.
 Se c'è una cosa che ho imparato è che non bisogna fare proprio niente, bisogna essere solo consapevoli del proprio valore e sapere esattamente il tipo d'uomo che si vorrebbe avere accanto, e fare quello che fa una donna, farsi desiderare!
Ce ne sono altre di regole non scritte,  che scandiscono una relazione interpersonale,  non sono solo due, avrei da elencarvene una marea, ma proprio perchè le definisco non scritte, dovrebbero giungervi ovvie, il guaio è che non riesce poi così ovvio metterle in pratica. Ovviamente qui parliamo dei primi passi, poi anche nel contesto di una relazione che si dipana, tendiamo comunque ad allontanarci dall'interpretazione ovvia, forse per deformazione o insicurezza. Insomma se un uomo che vi interessa ha il vostro numero da una settimana e non vi chiama, fate un'operazione semplice semplice, premete "eliminare contatto". Terza regola!

martedì 3 settembre 2013

Sfioràti. Cap. II

I mesi passarono veloci ad Albaret Sainte Marie e parevano scorrere uno uguale all'altro, Thierry Dupont, ogni giorno della settimana, si era recato in quel caffè, e ogni mattino di ogni giorno il pensiero era andato a lei, alla sconosciuta dal vestito rosso che non aveva più rivisto.
 Eppure la sua immaginazione l'aveva trovata sempre lì seduta in quel caffè, con la pioggia e col sole, se l'era figurata sempre bella, come se nulla nei suoi pensieri avesse potuto scalfire tanta bellezza. Faceva freddo ad Albaret, un freddo rigido, la neve aveva ricoperto come una fitta coltre d'argento il viale che correva lungo il caffè di Le Rive Droute, ora  vestito a festa.  Il Natale bussava ormai alle porte, e Thierry nonostante intrattenesse relazioni occasionali con donne diverse, per ingannare il tedio e la solitudine, finiva per sentirsi sempre più solo, nonostante il suo telefono squillasse di continuo, nonostante le feste cui prendeva parte, tra amici e belle donne, nonostante tutto ciò che gli ruotava intorno, lui si sentiva incompleto.
Più volte seduto a quel caffè si era rimproverato di non aver usato quell'ardire di cui era capace in svariate situazioni, e di aver lasciato a quella donna che era diventata un chiodo fisso un numero, un recapito, un qualcosa che gli avesse permesso di rincontrarla.
Si sa si fanno tanti incontri, ma ce ne sono alcuni che restano come immutati nel tempo, anche se una persona per una qualche ragione, forse per mancato ardire ci sfugge. 
Il sig. Dupont l'aveva cercata per le strade di Albaret, per le strade di Parigi, cercata non volutamente, ma inconsciamente cercata, sempre.
Un pomeriggio uscito dall'ascensore di un palazzotto a piani nella periferia di Albaret si era smarrito a fissare una donna incartata in un piumino nero che le era sembrata Alina, ma le era solo sembrata, perchè arrivato alla fermata del tram, col cuore in gola aveva visto che non era lei. E le settimane passavano.
Era una bella notte, dicembre scivolava via con Papà Noèl  ancora a braccetto, e Thierry tornava da una cena con Marie, una ragazza sulla trentina, caschetto biondo, media statura, magrissima. Era di fresca caggiagione Marie, la libraia, l'aveva incontrata pochi mesi prima ad una mostra d'arte, lei si era avvicinata chiedendo a Thierry qualcosa, un dettaglio su un dipinto, non ricordava più neanche cosa. 
E ora in quella notte, lui era così silenzioso, con la testa altrove e Marie era lì che  tentava di estorcergli una qualche parola che fosse motivo di conversazione, se non interessante quantomeno di conversazione, il silenzio le pesava. Le pesava il silenzio di un uomo che la desiderava solo quando ce l'aveva nel letto e poi fuori dal letto era scarno e sterile di attenzioni e parole.
Si era licenziato da quella serata, in modo frettoloso, quasi sconveniente e Marie aveva capito, non sarebbe mai entrata così a fondo nell'intimità di quell'uomo, le sembrava di sfiorarlo, ma di non averlo mai.
Thierry se ne tornava verso casa, con Marie ormai alle sue spalle, e sapeva che non l'avrebbe più chiamata. Non gli interessava, non lo incuriosiva più, quella curiosità che gli si era accesa a quella mostra era pari alla fiammella di un cerino, si era già spenta. Eppure vendeva libri Marie, ed era una che aveva tanto da raccontare, ma non a lui.
Forse neanche lei avrebbe atteso quel telefono squillare, l'aveva capito dalle sue spalle che si allontanavano senza voltarsi.
Thierry aveva pensato che la vita è avida di stranezze, beffarda.
Alina l'aveva solo vista, si erano sfiorati appena, eppure sapeva già che qualunque cosa avesse detto quel giorno a quel tavolino gli sarebbe parsa interessante, sapeva che non si sarebbe staccato da quella bocca odorosa di limoni, sapeva che avrebbe voluto solo fare l'amore con lei per interi giorni e sapeva che non si sarebbe stancato, certe cose le sai subito, forse.
E invece Marie l'aveva avuta nel letto quella stessa sera della mostra, aveva ascoltato o finto di ascoltare quello che aveva da raccontare, le aveva telefonato, erano andati a cena, a ballare,  ma non aveva funzionato.
Si erano dati l'uno all'altra senza sfiorarsi nemmeno.