sabato 25 gennaio 2014

Gli Artisti sono pesci fuori dall'acqua.


In un club leccese agghindato a museo d'arte diffusa lo scorso dicembre 2013, prima di tagliare i ponti con l'anno vecchio, quasi a lasciarne un'impronta indelebile, caldeggiata dagli effluvi del buon vino "di casa" si è celebrata l'arte. Ciò che può in un qualche modo corrispondere ad una definizione rigorosa non è arte, perché l'arte quella vera, rifugge da ogni mera definizione, l'arte è per definizione la "non definizione", arte è musica, ritmo, gestualità, immagine, creazione, armonia, caos, equilibrio instabile, vitalità, energia che si sprigiona e va a visitare l'anima di chi la sente, di chi la può percepire, toccare, vivere nella propria vita, o semplicemente assistervi, come spettatore partecipe. E' difficile fare arte, questo è quello che però può solo sembrare a chi non la vive, perché gli artisti, quelli che Francesco Perrone e Davide Marini definiscono pesci fuori dall'acqua, bè per loro "fare arte" è come nuotare sospesi senza un necessario mare. E per l'appunto questi due artisti salentini, che mi fregio personalmente di conoscere, forti della loro esperienza di formazione artistica e culturale non convenzionale e lontana dai circuiti ufficiali, hanno trovato un loro modo personalissimo di  dar vita all'arte, un modo semplice e stravagante al contempo, che parla di loro, di quanto siano "pesci" e artisti. Si, perché Francesco Perrone e Davide Marini sono l'anima di una "sospensione", un'installazione molto bella, che aleggiava leggera e quasi impalpabile la sera del 23 dicembre 2013 in quel club leccese, (Womb) in un fittizio mare aereo nuotavano sospesi, innumerevoli pesci viola legati al soffitto da impercettibili e invisibili fili. Campeggiavano curiosi nell'aria, e sovrastavano una sala dove l'arte era protagonista indiscussa, dove 23 artisti dal fascino singolare convergevano, le loro opere facevano da preziosa tappezzeria e la curiosità impazzava tra i click delle reflex e dei cellulari, l'aria profumava d'arte, vino e  pizzi leccesi caldi. Un museo d'arte diffusa dove si percepiva palpabile quel calore tutto salentino fatto di buon gusto, sapori forti e semplicità, perché  lo stesso pannello affisso all'ingresso del club lo sottolineava quella sera " L'arte non è complicata, le persone lo sono"! Io di Voglie Letterarie c'ero ed è questo che ho sentito, sono queste le sensazioni che mi sono arrivate all'udito, alla vista, all'olfatto e al tatto. Mi aspettavo quel silenzio che di sovente celebra l'arte e la sovrasta, come se le parole a sottolinearla fossero superflue, perché l'arte ha le sue di parole, e invece contrariamente alle aspettative di una sala silenziosa e immobile, ho visto fluire la vita, la curiosità, e anche il buon vino. Faccio i miei più cari auguri a questi artisti che hanno riempito quel club il 23 dicembre perché sono riusciti, credo in un intento, neanche troppo voluto, a trasmettere un messaggio che è giunto ad ognuno di noi, più o meno forte. Gli artisti sono pesci fuori dall'acqua, sempre.

martedì 7 gennaio 2014

Io sono liquida.

 
 
Ed è passata l'Epifania che tutte le feste si è portata via, i riflettori si sono spenti, quelli proiettati sul nostro intimo, sulla nostra sfera emozionale a 360°, e siamo salvi. Quell'odiosa canzoncina natalizia non riecheggerà più nei nostri orecchi quando accenderemo la tv, non avremo tutto quel tempo libero per dedicarci a quel sano oziare che poi a lungo andare tanto sano non è. La mente è ancora intorpidita, lo stomaco sazio, i sensi offuscati, e qualcosa dentro di noi è cambiato, perché quello starsene lì con se stessi, forse anche con gli altri, ma soprattutto con se stessi, ci ha permesso di arrivare a una qualche consapevolezza che adesso è lì, anche se noi torniamo alle prese con una quotidianità frenetica e con mille svariate occupazioni. Dopo la mezzanotte del nuovo anno iniziato, abbiamo capito qualcosa, ci siamo detti qualcosa, abbiamo pensato a qualcuno tanto intensamente da desiderare che fosse accanto a noi, ci siamo guardati attorno e abbiamo capito che non ci mancava nulla per sentirci completi e felici, o ci siamo guardati intorno e abbiamo capito che ci manca qualcosa, che ci manca qualcuno. Ora questa consapevolezza c'è, in ognuno di noi, e il compito è quello di lavorarci, di soddisfare i nostri desideri, di sentirci davvero appagati e di coltivare ciò che ci regala queste sensazioni. Ieri leggevo un articolo, che mi è capitato sotto gli occhi per caso, spulciando una rivista. Quest'articolo parlava di solidità emotiva ed elencava il perfetto profilo che la incarna. L'ho letto mille volte per cercare di capire se io potessi mai poter vantare una simile qualità e mi sono risposta che non la vanto per niente e mi sono sentita emotivamente liquida non solida. Ebbene si lo riconosco sono emotivamente liquida io, mi avvicino per certi versi alla solidità, poi vedo il fuoco e mi sciolgo e divento liquida. Sembrerebbe che questi perfetti esempi di solidità emotiva, che dir si voglia, bè abbiano davvero capito tutto di come funziona la felicità, per quanto a volte mi viene il dubbio che non abbiano capito niente, e non perché io sia liquida, ma perché ci sono dei punti che proprio non mi convincono. Non lo so è come se vivessero sempre col paracadute a portata di mano, parano ogni colpo possibile, ma così che vita è?! Io sono dell'idea, per la carità, mia personalissima che la vita bisogna viverla, che le emozioni, anche quelle non proprio ortodosse ne fanno parte, sono il sale, perché pararsi?..E poi chi lo stabilisce quali sono le emozioni ortodosse, legittime e quali no?.. E qui ci sarebbe da aprire un dibattito. Quante cose non facciamo perché non sono buone e giuste, però a volte quando le facciamo ci sentiamo così felici, così liberi, così veri, anche se non abbiamo avuto un riscontro, anche se la risposta è stata fredda e telegrafica, anche se quell'abbraccio in cui speravi di affondare non è arrivato, ma tu ti sei mostrata per quello che sei e che sentivi, hai osato, hai perso, ma hai dato in qualche modo e sei libera. Mentre  leggevo quell'articolo realizzavo con matura consapevolezza che sono dannatamente umana e dannatamente imperfetta, che commetterò altri errori, che mi sentirò però felice sempre e comunque nonostante questi, che sono un corpo solido immerso in un liquido. E non credete... io quell'articolo là, l'ho ricopiato con certosina accuratezza e l ho lasciato sulla scrivania del mio studio, l'ho lasciato lì come un vademecum per la felicità, come la chiave di quella stabilità emotiva che non ti fa commettere errori, che non ti scatena sensi di colpa a grappolo, che non ti fa mettere il piede fuori dal filo sopra cui cammini, che ti fa fare solo cose giuste e buone, ma mentre lo dico io lo so cosa provo mettendo il piede dietro all'altro per raggiungere un equilibrio stabile, lo so come mi fa sentire quel piede nel vuoto per pochi minuti prima che accompagni l'altro sul filo. Credo che aldilà di ogni possibile vademecum per la felicità, quella vera risiede nel non tradire mai se stessi e la propria vera natura, la mia è liquida.