mercoledì 31 dicembre 2014

Happy New Year da Voglie Letterarie.

Buon Anno 2015 da Voglie Letterarie!!! Allo scadere della mezza brindate alla vita e tenetevi accanto chi amate. Abbiate cura di coloro che  incrociate sulla vostra strada, lasciate nel dimenticatoio rimorsi e rimpianti, siate affamati di intensità e siate amabili, non costa nulla un sorriso in fondo, migliora anche la mimica del vostro viso. Concedetevela la felicità sicuri di meritarla e anche se sarete una voce fuori dal coro, ballate la vostra musica perché di certo prima o poi qualcuno avrà orecchi per ascoltarla. Abbiate il coraggio di essere felici.

domenica 28 dicembre 2014

Un mattino a caso.

Ti svegli al mattino e via web, al tg impazzano quelle notizie che ti tolgono il gusto di un buongiorno. Fa freddo, pare sia arrivato anche qui un pò di sano gelo invernale, giusto in tempo per temprare l'anima e un corpo troppo abituato alle temperature miti salentine e a un calore che sa di sud, di terra e di sole. Da una manciata di mesi a questa parte il tg urla notizie raccapriccianti, e dico " urla" perchè queste notizie qui, sono talmente orribili, che uno le sente e prova un forte senso di disgusto, di " orrore", e si incastrano nella mente come tasselli fuori posto. E quindi si avverte quella sana voglia di leggerezza per smorzarne un pò gli effetti. Sapete, io non ho proprio nulla contro la leggerezza, una sana ventata di superficialità, quel tocco di rosso sulla bocca per esempio, che tinge il pallore di un volto di gesso, quel vestito che ti fascia e mette a nudo le forme, quei discorsi leggeri quasi palpabili, forse inconsistenti che per un pò ti congedano dalle brutture del mondo, questo mondo qui che si tinge sempre di tinte più fosche. Può sembrare strano, ma queste notizie qui, bè, hanno comunque un qualsivoglia impatto sulle nostre vite, sulle nostre storie, è come se andassero ad urtare tutti quegli equilibri emotivi precari che badiamo bene a tenere sottochiave, perchè bisogna apparire, mo non so proprio sto cacchio di undicesimo comandamento chi l'abbia tirato fuori. Il mondo dell'apparenza è quello che funziona, e allora cerchiamo di funzionare in egual modo, perchè serve quell'intelligenza arguta per andare oltre le apparenze, per scartare l'involucro che ci riveste, ma non tutti lo fanno. Ci fidiamo di quello che appare, come se questa consapevolezza bastasse a dirci le persone e le cose chi sono. L'anno nuovo è alle porte, un bel frizzante 2015 tutto da scartare, da divorare a morsi, perchè la vita va vissuta così, a morsi lenti e intensi, tanto lenti da gustarsi le cose che passano di qua tenendone il sapore sul palato tutto il tempo che serve per lasciarne il segno, e tanto intensi, perchè ciò che fa di un momento un vero momento è l'intensità, quel rossetto di un rosso così vivo di cui tingiamo non solo una bocca, ma la nostra vita. Sono felice di questo nuovo anno, nuovi propositi, nuove cose che uno impara e mette da parte, ( i nostri nonni dicevano " Mpara l'arte e mintila di parte") e avevano perfettamente ragione. Si impara tanto da un anno che se ne va, si impara ad essere grati per esserci, si impara a maneggiare con cura i rapporti, perchè sono fragili, hanno bisogno di cure, di entusiasmi, di dedizione, di parole dette, si impara a riparare quelle crepe di un vaso, come fanno i giapponesi che le riempiono d'oro zecchino, come a voler significare che un vaso un pò rotto, che ha una storia da raccontare ha un valore ancora più importante. E si impara tanto, si impara a non tenere troppo sottochiave le proprie emozioni, a dire ciò che si pensa e si sente, e se sei fuori tempo massimo, se ciò che dici non arriva, non importa. Si impara a tenere al giusto guinzaglio l'orgoglio, che fa più guai lui del petrolio, si impara, a vivere. Ogni anno in più, se vuoi, impari a vivere, meglio e capisci che non ti importa davvero di quello che può arrivare agli altri di te, se hanno occhi per vederlo bene, impari ad andare tanto oltre all'apparenza delle cose. Ogni anno di più ti è chiaro chi sei e che vuoi. Poi sta a te farne quello che ti pare di ciò che ti arriva, la vita sa essere meravigliosa con te, se solo ci presti attenzione a quanto ti arriva. Forse vi romperò le palle ancora prima che quest'anno volga al termine, con i miei personali auguri, forse vi lascerò un silenzio che vi farà pensare.

venerdì 26 dicembre 2014

Giulia.

Giulia mentre rimetteva a posto il suo armadio sentiva che come quegli abiti abbandonati alla rinfusa su una poltrona, anche i suoi pensieri e le cose della sua vita avrebbero trovato il giusto ordine, avrebbero abbandonato quell'ordine casuale delle cose che aveva lasciato lì sedimentare nella mente. Aveva una mente spaziosa, Giulia, dove c'era posto, c'era posto per tutto, per quei pensieri disordinati e convulsi, per quella quotidianità tenuta in un angolo, intatta, fatta di cose, la spesa, il suo libro da finire, la mamma da andare a trovare, quel vestito che aveva visto dalla vetrina e che avrebbe voluto comprarsi, concedersi, se i soldi a fine mese glielo avrebbero consentito. 
E poi in un emisfero a parte del cervello, indelebile, come una macchia che non andava via neanche con la candeggina, c'era quel litigio, marchiato a fuoco nella mente. I vestiti erano un cumulo di colore scomposto sul pavimento e Giulia attraverso quella lente vedeva la sua vita, scomposta ma a colori. Con cura sistemava prima i maglioni in ordine di colore e di peso, quelli più pesanti spiccavano in cima, una  lunga pila di maglioni, ne aveva tanti Giulia, eppure finiva per mettere sempre gli stessi, quelli più familiari li teneva in cima, a vista, a portata d'occhio. Poi intanto era passata ai jeans, capo che indossava sempre, o quasi, da quelli comodi a quelli più stretti, e poi arrivava il turno dei vestiti, a quelli teneva di più; lei, a pensarci bene, era tipa da vestito, da abitino sobrio, da anfibi, da calza a tono, era così Giulia, semplice e complicata, bella come una mattina di sole, ma con tante nuvole. E le sue nuvole, a quelle, ci arrivavano in pochi. Marco aveva voluto toccarle quelle nuvole. 
Il suo armadio aveva un altro aspetto, a un tratto, aveva riposto tutto in un ordine precostituito, era fuori dal disordine, era fuori dal caos, ma la sua testa no. Quell'ordine ristabilito, aveva dato una prima parvenza di ordine nella sua testa, era come se anche i suoi pensieri spiegazzati fossero l'uno sull'altro quieti come i suoi maglioni. Aveva una domenica addormentata davanti agli occhi. Aveva dato forfait all'invito a pranzo dai suoi, sua madre aveva insistito, ma lei non aveva voglia di parlare, di usare parole vuote, per dire cose vuote, perchè avrebbe usato quelle con sua madre,e con suo papà ancor di più. Perchè se Giulia avesse deciso di andare a quel pranzo, e di usare parole piene, avrebbe finito col dire troppe cose scomode. Aveva pensato, senza neanche pensarci troppo, in fondo, che era meglio declinare quell'invito, che era meglio mettere in ordine l'armadio, eppure avrebbe voluto abbracciare suo padre, avrebbe tenuto come una carezza quell'abbraccio per quei giorni, in cui non si sarebbero visti. Aveva messo giù il telefono, aveva detto no, aveva sistemato la stanza, rifatto il letto, alzato lo stereo a palla e aveva preso a ballare da sola, come faceva spesso, quando era così felice da fare schifo, e anche quando non lo era. Anzi, Giulia aveva capito che funzionava quasi di più quando felice non lo era. Continuava a ballare e girava la testa, era come su una giostra, ci era salita e non voleva più scendere. Non voleva vedere nessuno, Carlo l'aveva cercata, quel suo amico, appena rientrato da Londra, sarebbe stato un piacevole caffè, si sarebbero detti, raccontati, ma faceva molto freddo fuori, e quella domenica era solo una domenica da consumare a letto a fare l'amore, o a scrivere, a finire quel libro, cominciato mesi fa, e rimasto lì sulla scrivania, acerbo e a metà. 
Non poteva fare l'amore Giulia, e vincere quel freddo, che sentiva dentro e fuori, Marco non c'era, dopo quel furioso litigio non l'aveva più chiamata, lei lo aveva cercato, invano quella sera, era corsa sotto casa sua, gli aveva gridato qualcosa di orribile mentre lui la ignorava dalla finestra, la luce della camera era accesa, e il silenzio era divenuto assordante, l'indifferenza pesava più del freddo che Giulia sentiva. Eppure si era promessa che non ci sarebbe più ricascata, dopo Hermes, il tizio conosciuto in Erasmus. Non usciva con nessuno da tempo, neanche per un caffè, aveva deciso che era maldestra nelle storie di cuore lei, che si infiammava subito, o affatto, che non ci era tagliata, che non ci voleva credere ancora, ed era finita per passare da un letto a un altro, giusto il tempo per scaldarsi un pò. Questo prima di lui, prima di Marco.
Non c'era tempo, ora, di arrovellarsi appresso a questi flash impazziti che le correvano nella mente, come se di colpo quei maglioni in ordine si fossero nuovamente spiegazzati, voleva solo ballare Giulia, ballare, ballare quel ritmo rock che le piaceva tanto, che le accendeva una sensualità fresca, che la copriva come una veste. E quella domenica sarebbe scivolata così, dalla finestra, al divano, divorando un pò per noia, un pò per fame gli snack dalla dispensa. Marco non l'avrebbe chiamata, ancora. Gli mancava quel tassello di abitudine, gli mancava il suo calore, gli mancava la sua pelle, la sua bocca, l'avrebbe baciato dappertutto, se solo fosse andato a trovarla. 
Giulia si sentiva fragile e in fondo non le importava, si lasciava cullare da quella dolce fragilità e dal rock e lasciava che quella oziosa domenica si consumasse lentamente, coi suoi pensieri un pò in ordine, un pò nò, anestetizzati da un buon vino, con l'ultimo trailer di messaggi di whatsapp di Marco che ancora odoravano di passione e con tante nuove idee per il finale del suo libro nella testa.


lunedì 22 dicembre 2014

Il vino buono. Buon 2015.


Meno 2 giorni alla vigilia di Natale 2014. Poi qualche altro giorno e anche quest'anno qui, che pare arrivato ieri, si congeda. Quest'anno ho imparato delle cose, si cresce, si lavora su se stessi, si cambia, è come se il vino nella botte, diventasse via via più buono, perchè ti metti in discussione, ti confronti con gli altri, gli altri ti fanno vedere delle cose di te stesso che ti portano a osservarti, come con una lente di ingrandimento e a capire, una volta tirate le fila, che stai crescendo, che diventi più prezioso, che affini delle qualità di te, che magari erano ancora un pò acerbe. Cresci e ti affini, passano gli anni, e tu ti scopri diverso, migliore e non accade perchè è Natale, (non parlo del buonismo gratuito, chi se ne frega, se devi dire un vaffanculo, dillo pure, anche a Natale), parlo di qualcos'altro, parlo della qualità della tua personalità, del carattere, di quanto ti guardi allo specchio e riesci a smussare i tuoi angoli e a crescere, grazie all'interfaccia altrui. Quanti rapporti, relazioni interpersonali che passano dalla nostra vita, un pò per caso, un pò per una ragione, ci dicono qualcosa di noi stessi. Puntano dritto il dito su quella "immaturità" che delle volte, volutamente scegliamo di indossare, un pò per comodità, un pò perchè la pellaccia sta diventando bella dura e abbiamo paura di essere nuovamente feriti, e allora ci caliamo nei panni degli immaturi, degli eterni peter pan e ci lanciamo dalla finestra, credendo che ci spuntino le ali. Ci sono delle massime, un piccolo vademecum di Voglie letterarie che vi lascio, senza presunzione che voi le seguiate, s'intende. Io credo che per vivere un altro anno migliore di questo siano importanti, per affinare quel vino della botte.
Voglie ha capito che :
  • Ciò che appare, non è. Morale: non fidatevi mai di quello che vedete fuori, dell'involucro, dell'apparenza, ci sono infinite ragioni perchè uno si comporta in un qualche modo, (se veramente volete conoscere una persona, prendetevi il gusto di farlo), non eliminate le persone a priori, non fidatevi della prima sensazione che vi arriva, nel bene e nel male, può essere fallace. "Date un tempo a chi passa dalla vostra vita, e solo dopo averlo veramente conosciuto, potrete dire a voi stessi, questa persona non mi piace. Potreste scoprirvi a piedi e desiderosi di aver preso un treno che è già partito. (La mia prima volta col sushi è stata una tragedia, se non ci fossi più tornata, non avrei mai capito quanto potesse piacermi, ora e' un vero e proprio incontro col piacere).
  • Sii te stesso. Morale: Può sembrare la cosa più semplice del mondo, eppure vi assicuro che non lo è, quante volte ci rivediamo, come in un film in una situazione che abbiamo vissuto e ripetiamo a noi stessi " cazzo io non sono quella". Ci sono contingenze, elementi di disturbo, meccanismi di difesa, un sacco di robe complicate che in determinate situazioni, magari quelle a cui terremmo di più, di mettere a nudo il nostro vero carattere, ci cannano e facciamo solo un gran casino. Essere se stessi, invece è fondamentale. tu hai quel colore lì, per esempio il viola, e sei quella. punto.
  • Le parole sono importanti. Morale: Fai buon uso delle parole, quelle che dici o che scrivi, cazzo quanto sanno ferire. E' che a volte, non sappiamo contare fino a 10 prima di aprir bocca, oppure pretendiamo che le persone abbiano un codice di comportamento simile al nostro nelle più svariate situazioni, e diciamo quello che pensiamo, magari ferendo e convinti di essere nel giusto, un giusto opinabile, ma resta saldo e fermo solo dal nostro punto di vista. Assicuriamoci quando usiamo le parole che queste non feriscano e che poi di conseguenza non allontanino, non rovinino una grande amicizia, per esempio, per dirne una. Una buona parola è sempre la chiave giusta per un ingresso.
  • Tutto cambia. Morale: Non temere il cambiamento, tutto scorre, fluisce, cambia, anche quando non ci piace. Però vero è che a un certo punto, puoi sentirti all'ultimo gradino di una scala, puoi sentirti a terra, e poi basta poco, e qualcosa nel silenzio, osservando te stesso, senza parole, qualcosa riemerge in superficie e ti fa salire in alto, qualcosa che parte da te e non da chi hai intorno.
  •  le maree. Morale : La vita è come un palcoscenico, ci sei tu e tutte le persone che ti ruotano intorno, la figura fondamentale resti tu, sempre, in ogni caso. Poi ci sono le persone intorno, le cose intorno,famiglia lavoro, amici, relazioni, conoscenti, avvenimenti. Ci sono scene in cui è tutto così pieno di persone intorno e scene in cui le stesse persone hanno lasciato il palco, perchè l'hanno deciso loro, l'hai deciso tu, perchè doveva semplicemente andare così, e quindi ce ne sono altre, e magari non è passato tanto tempo, e tu sei un pò come dire, confuso, da altre figure, nuove. Poi ti adatti, hai questi occhi puntati ancora dietro, ma vai avanti, con nuove persone, nuove scene. Poi il palco si svuota ancora, e sei solo, poi arriva una nuova marea, di gente, di opportunità, di cose.
  • Amati. Morale: Amati sempre. incondizionatamente, completamente. Poniti in modo maturo in discussione, osservati, affinati, ma amati. Abbi sempre, nonostante tutte le maree della tua vita, ferma consapevolezza del tuo valore. Che sia lì quel valore, fermo, inossidabile, accettati esattamente come sei, lascia che il tuo valore brilli come una stella fissa, che non ha bisogno di mostrarsi.
  • Impara. Morale: Impara dalle tue esperienze, conosci, assapora gusti vari, apri la mente come un paracadute che ti salva il culo, sii onnivoro di sensazioni e cose nuove, senza lasciare che queste vengano alterate dal pregiudizio, senza etichette che hai attaccato addosso senza sapere. Impara dalle cose della vita che ti passano vicino, ognuna a suo modo ti dice una qualche cosa.
  • Fai l'amore. Morale: Sei te stesso veramente quando fai l'amore con una persona, quando emerge quella parte di te primordiale, quando a muoverti è solo il desiderio, quando sei indifeso veramente. E allora fate l'amore sempre. (Saranno fatti vostri se con chi amate o con chi vi piace), ma fate l'amore.
  • La libertà. Morale. La libertà è il pane. La libertà è l'acqua. la libertà è necessaria come il respiro. Sentiti sempre libero nelle cose della vita, libero di fare quello che ti fa star bene, anche se è scomodo per gli altri, anche se non ti arriva il consenso, non importa. Rovescia il tavolo e vai, senza essere schiavo di clichè, prototipi standard. La libertà è qualcosa che hai dentro e che quando in una qualche situazione della vita comincia a mancarti, la aneli e la riconquisti, sempre. La libertà è scegliere, non farsi scegliere.  Insomma. Fate un pò come vi pare. Io personalmente voglio essere un vino migliore. Buon 2015 a tutti!!!

lunedì 15 dicembre 2014

Grazie & Rock on!



Cari lettori e simpatizzanti di Voglie Letterarie, questo sarà il nostro secondo Natale insieme, e prima dello scadere di questo convulso dicembre, voglio ringraziarVi di cuore, (se potessi lo farei uno per uno), per le visite, la simpatia, l'attenzione, e i consensi di questo giovane blog letterario. Mi rende immensamente felice assistere quotidianamente alla vostra presenza silenziosa e costante, e spero di fornirVi, quantomeno, nel mio piccolo, un rimedio al tedio e alla routine quotidiana, di strapparvi un sorriso, una sonora risata, anche delle critiche, perchè no, sono ben accette, in fondo è dallo scontro che nasce la costruzione. 
Non ho stilato un programma di scrittura, e tanto meno me ne figuro qualcheduno in mente, non sono per natura una che programma, che pianifica, vivo alla giornata, e lascio che sia la scrittura a prendere per mano me. Quindi posso dirVi a chiare lettere che non lo so cosa Vi attende, quali argomenti, temi, libri, opere, film, eventi, e quant'altro, passeranno di qui, mi auspico tanti e che siate in tanti a goderne. 
 Voglie Letterarie qualche volta, in questi anni, è rimasto silente, aveva, come dire, perso il filo.A volte capita di restare silenti, è il miglior modo per non dire ciò che non si sa, a volte invece le parole sgorgano a fiotti, con un impeto inarrestabile, quasi violente, prendono forma, consistenza e sono veloci, arrivano, e una tira l'altra e insieme, da sole, come se quasi non le controllassi, mi portano in qualche posto, mi danno un qualche senso, lo stesso senso che spero di comunicare a Voi. Serve una certa intensità per scrivere, ce l'hai dentro, ci sei nata co sto corredo cromosomico qui, con la penna in mano, con la capacità di scorgere nelle parole quella furiosa bellezza, ci sei nata con quella passionalità che ti invade. Voglie Letterarie è esattamente questo. INTENSITA'.
" Scrivo quando posso, come posso, più che posso, scrivo velocemente, come vivo". Questa frasetta non è mica mia, ma traduce perfettamente il senso di questo blog letterario. Ognuno lascia la sua impronta nel luogo che sente appartenergli di più. Un sentito Grazie da Voglie Letterarie e Rock on sempre, perchè la vita va ballata a passo di rock.

martedì 9 dicembre 2014

Lo spiritello del Natale.


Eccotelo là, puntuale e inarrestabile come una cambiale. IL Natale! Quest'anno lo sto percependo nell'aria, come uno strano profumo, da già un bel pò. E' come se ci fosse tutta un'aura intorno, che non so spiegare, è come se le luci fossero più luminose, il cielo più blu, le cose intorno più cose. Non ho fatto uso e consumo di alcuna sostanza, quindi sarà proprio veritiero st'effetto qui. In tutte queste luci più luminose e in questo cielo più blu, bè il Natale resta il Natale, e un altro anno che se ne va, Il Natale è una cambiale dorata da pagare. La vedo così, per un motivo semplice, quando penso al Natale, mi figuro, inevitabilmente un angolo giro, 360° tondi tondi di amplificazione di ogni cosa che si muova o esista. Questo periodo qui, con la canzoncina cantilenante che impazza, " E' Natale e a natale si può fare di più?.. E' Natale e a Natale si può dare di più"? dove la mia risposta resta la stessa dell'anno scorso, la stessa riflessione immediata, che si concreta in un " cosa"???.. Poi quest'anno qui c'è pure Celentano, che per imporsi violentemente nella vita della gente che ha la tv accesa, all'esordire del suo spot che preannuncia sto benedetto "Rock Economy" del cavolo, alza smisuratamente il volume e provoca altrettanto smisuratamente un gran fastidio alle orecchie e al cervello. Direi che questo suo intento studiato di attirare l'attenzione ha fatto un gran flop a sto giro, sfido io se la gente infastidita da questo repentino sbalzo sonoro, va a guardarsi sto programma qui, non credo proprio, e poi secondo me, c'è il serio rischio di restar sordi! Vabè questa è una mia personale digressione che racchiude il mio pensiero, opinabile. Comunque dicevamo che il punto resta l'amplificazione, il Natale è un fantasma, uno spirito che curioso, sadico, ti punta il dito e ti sbriciola, sei intero e ti vedi a fette, questo spirito qui ti tocca con le dita dentro, alza il volume in un modo fastidioso sulle tue mancanze, sulle tue amputazioni, volute o subite. Ti dice guardandoti torvo e dritto in faccia " bel giovine non sei mica intero, guarda un pò quante cose ti mancano oggi che è Natale". E tu ci provi a fare l'indifferente, però lo percepisci e come se lo percepisci, il volume che si alza e il fastidio che ti procura. E poi ti scrolli la sua voce di dosso, come fai con la polvere che ti si è fermata sulla giacca e vai, incurante, sordo. Lui però la sua lezione te la canta e a gran voce, ma tu hai del rum, del buon vino, vai alle feste incartato in un abito elegante, hai il pandoro con una montagna di zucchero a velo, che pare il monte bianco, e te la dimentichi la cantilena di sto spiritello qui fastidioso. Bè perchè noi italiani siamo un popolo di gente ottimista, che guarda caso a Natale non si concentra su ciò che ha, su chi ha accanto, su tutto ciò che di bello, di unico, di irripetibile costella la sua vita ogni giorno, una vita semplice e piena, fatta di ciò che siamo, di quelle cose piccole che sono la nostra routine quotidiana, e ogni tassello di questa routine, dal momento in cui ci alziamo dal letto, alla sera in cui ci torniamo, ogni tassello, scandisce una giornata densa di momenti diversi, piacevoli e meno piacevoli, ma pieni di quella sostanza preziosa che si chiama vita. Ogni giorno, si spera, ci alziamo e respiriamo, e siamo avidi di scoprire quello che ci attende, sorprese, persone, momenti, che non tornano e che meritano tutta la nostra attenzione e i nostri entusiasmi. Qualche pomeriggio fa ho visto un film, che ha catalizzato tutta la mia attenzione, "Alfie", con l'attore Jude Law. Bello come il sole,  nel film, senza troppa fatica, ovviamente, madre natura gli ha dato una buona mano, eppure infelice, circondato di donne, che usa e getta a piacimento, apparentemente contento, eppure mai pago. E a un certo punto alla fine del film, rimasto da solo, con storie cominciate con troppo entusiasmo, ma con la solita premessa, "senza impegno", si ritrova da solo, sul ponte di una sfavillante New York, e si lascia andare in una riflessione un pò triste per essere Jude Law, " ... Ho avuto tante donne che mi hanno amato, accudito, desiderato, ed io non ho saputo, nè voluto ricambiarle in egual modo, perchè le ho tradite, deluse, usate, adesso ho la mia vita, nessuno dipende da me ed io non dipendo da nessuno, ho le tasche piene di soldi, ma non ho la pace dell'anima e se non hai quella non hai niente". Poi il sipario si chiude con la figura di Alfie che si allontana con le mani in tasca e un sorriso abortito. Ora cosa c'entra questo spezzone di film?.. Mah forse nulla, o forse il messaggio è tutto lì. Il senso del Natale lungi dall'essere quello dei regali, dell'albero di Natale, e di ogni simbolismo che lo ricordi, delle luci che vestono la città, delle grandi abbuffate, delle feste, degli abiti sfavillanti, delle sbornie, resta sempre quello " Concediti di amare qualcuno davvero, nonostante le tue ammaccature, i tuoi sogni sfumati e i treni su cui non sei salito, le tue fottute paure, e le distanze di sicurezza, e vivi ogni giorno della tua vita come fosse l'ultimo", solo in questo modo qui, gli avrai davvero dato un senso. Credo che il Natale serva un pò a questo, a risvegliare, quella parte primordiale, incontaminata, ferita dalla gente che abbiamo incontrato, amato, perso, da quella gente lì che ci ha come dire, strappato un pò l'incanto, come quando qualcuno ti strappa violentemente il lembo di un vestito, e tu rimani lì col tuo bel vestito rovinato, e a voglia a provare a rammendarlo, resta rotto e non solo, non vuoi neanche provare a comprarne uno nuovo. Il Natale dovrebbe riuscire un pò a sanare quella parte malata di ognuno di noi e provare anche solo per poco a restituirci l'incanto. Lo spiritello passeggia nella tua città, e si camuffa, magari in un passante, in un amico, in qualcuno che incontri, Dicembre è tutto suo, sopportalo, e se ti riesce, nonostante la sua mania di pretese e perfezionismo a 360 °, amalo anche giusto un pò! 

martedì 2 dicembre 2014

Guardami negli occhi.


Stamattina mi è capitato sotto gli occhi, appena sveglia, un video molto carino promosso da Coca - Cola, che immagino, vi capiterà di vedere e magari condividere sul social d'eccellenza, e non mi premuro di farne nome, visto che credo sia ormai risaputo ai più. Questo video ti sbatte in faccia un messaggio che ormai, i nostri neuroni hanno ben recepito, ma che i più faticano a mettere in pratica, e per la carità, mi ci infilo pure io nel calderone. La comunicazione dei nostri tempi è quella virtuale, ci si guarda attraverso lo schermo di un pc, il display di un cellulare, si comunica con messenger, si demandano tante emozioni che sarebbe bello viversi, a uno schermo elettronico, si rifugge a quel contatto di mani, allo sguardo, e ci si illude che un emoticon o un qualsivoglia accessorio alle parole usate, giungano nell'esatto modo in cui le si pensa e articola, al destinatario. E qui una marea di equivoci, e qui solo innumerevoli misanderstood. Non ci capiamo e ci perdiamo. La comunicazione virtuale è una grande illusione dei giorni nostri, mette in pericolo i rapporti, li banalizza, li circoscrive a dei short sms, privi di anima, e molto spesso, diventa il mezzo attraverso cui ci si incontra e ci si separa. E gli occhi? E le mani? e tutte quelle sensazioni, emozioni che solo la gestualità di un corpo, lo sguardo di un viso, il movimento di una mano, e quelle movenze del corpo, che sono così naturali, poco studiate, spontanee, che quelle si possono tradire emozione, imbarazzo, rabbia, delusione, e arrivano, eccome arrivano! Dietro un pc, un I-phone, invece, arriva ciò che uno vuole farsi arrivare, arriva ciò che resta ambiguo, e poco chiaro, o chiaro, ma di arbitraria interpretazione. Ecco quel video, che se incontrate in navigazione web, vi invito a guardare, con un' attenzione speciale, racconta degli spezzoni di vita quotidiana, che ci sfuggono dalle mani, perchè tra le mani abbiamo un cellulare che ci fissa muto. E non diamo il giusto valore ad una persona, magari nuova, che abbiamo di fronte, e che in quel momento si sente messa da parte per un cellulare, preferiamo talvolta un cellulare a qualcuno in carne ed ossa che ci si pone davanti. Siamo a pranzo e continuiamo a " whatsappare" mentre abbiamo un mondo davanti, che passa quasi inosservato ai nostri occhi, delle persone care che sono con te in quel momento, e tu non ci sei, ci sei a metà, e non apprezzi ciò che si pone in carne ed ossa davanti a te. Pare che in Cina, siano addirittura sorte delle corsie preferenziali, per utilizzatori di telefono, è il colmo della comunicazione! Proviamo a figurarci per un attimo gente incolonnata uso zombie che incede con lo sguardo perso su un cellulare, e si perde tutto il mondo che c'è fuori, ti perdi un passante, che magari può incrociare il tuo sguardo, ti perdi un tramonto, perdi e basta!!! Non importa quanto possa essere figa/figo, interessante il destinatario della tua attenzione telematica, è che tu in quel preciso istante stai facendo un baratto impari, stai perdendo il vero dei tuoi momenti, per ciò che è virtuale e non è vicino a te. E' quasi paradossale, ma l'esempio che mi giunge più calzante, è che ABBIAMO TUTTI DELLE STORIE A DISTANZA!.. Ora a complicare, non poco, la faccenda comunicazione, arrivano le famose spunte azzurre di whatsapp, e anche la più piccola possibilità di privacy va a farsi benedire. Ricapitoliamo : Spunta grigia, messaggio non arrivato a destinazione, due spunte grigie, messaggio arrivato a destinazione, magari letto, ma non aperto, due spunte azzurre messaggio aperto! Wow che pugno in faccia alla privacy personale!.. Che poi diciamocela tutta, uno appena vede comparire la curiosa chiocciolina seguita al sonoro, scorre giù col dito la finestra e vede chi gli ha inviato il messaggio, se trattasi di short message lo legge pure e lascia scivolare in alto la sua finestra, intento in altre occupazioni, e la spunta resta una! Se apre whatsapp ma non apre il messaggio giunto, le spunta diventano 2, ma grigie, quindi morale della favola, per leggere, uno il messaggio lo legge, sempre, in ogni caso. E da qui le considerazioni, a che serviva mo, ditemi un pò questa ulteriore aggiunta ai problemi già esistenti?.. Credo solo a complicare notevolmente interazioni personali. Perchè se uno manda un messaggio, è chiaro che nel 99% dei casi attende una risposta, altrimenti non lo manderebbe affatto, quindi da lì comincia l'attesa, parte il cronometro, e mille pensieri fanno contorno a quello che ci appare sul display (" una, due, due spunte azzurre"). E cominciano le seghe mentali, ecco a cosa servono le spunte azzurre, alla moltiplicazione delle seghe mentali. Vabè ormai sembra inarrestabile il fluire violento di questa comunicazione virtuale, non saprei cosa attendermi, anzi parrebbe che l'ultima trovata di whatsapp possa essere l'introduzione di faccine di colore, per ovviare alla discriminazione razziale, giuro che non la smettevo di ridere!!!.. Comunque sia io di Voglie, un consiglio ve lo do, poi fatene voi l'uso che ritenete opportuno, ma se davvero volete conoscere una persona, vedere cosa c'è in qsta persona, sentire cosa ha da dire, bè fatela una telefonata e incontratela per un caffè, per una birra, dedicatele/gli un momento, anche solo un momento della vostra vita, quei momenti che seguono interminabili di bip sonori, bè lasciateli tacere nel bel mezzo di un nuovo incontro, di una conversazione, di una passeggiata. Guardatele negli occhi le persone, non attraverso un display di ultima generazione.

venerdì 28 novembre 2014

Il SalvaGente.










Perdi la conta delle volte in cui ripeti a te stesso " non avere paura". Ce l'hai sempre questa sensazione qui, anche quando pensi di non averla, di non provarla, di essere immune, perchè ti senti forte, ti senti in grado, capace. Ma è quello l'esatto momento in cui ti racconti una marea di puttanate. Ed è giusto che sia così. Sarebbe impossibile, non credibile il contrario. La paura esiste e ci salva. E' quel salvagente che vai a recuperarti dalla stiva di una barca e che indossi perchè il mare è insicuro, allora ti proteggi, perchè potresti farti male. Ed è esattamente questo che facciamo con le cose della vita, ci proteggiamo talmente tanto, che delle volte conserviamo così poco il sapore di qualcosa. Chiudiamo un'amicizia per circostanze che in quel momento ritenevamo plausibili, poi il distacco, i giorni che passano uguali e diversi senza quella persona, la voglia che ti nasce quasi irrefrenabile di ristabilire un contatto, un " ciao", un " accorciamo le distanze di sicurezza" e poi non lo fai, o se lo fai, lo fai con poca convinzione, perchè hai quel salvagente lì che sembra ti protegga, e che ti  frena. Accade una storia strana quando hai paura, accade che tutto quel tempo che scorre senza un contatto, ti convince del fatto che forse, anzi sicuro, dopo quel temporale che ti ha interrotto dentro, bè stai bene così, stai bene senza!.. Perchè quel salvagente lì ti ha creato un nuovo equilibrio, tu sei in piedi e anche se di tanto in tanto inciampi, forse ti va bene così. Ma in questo modo, la dai vinta alla paura, ti agganci stretto a quel fottuto salvagente e non ti butti neanche in mare, lì la paura ti fotte. Non sei più pronto a barattare il tuo equilibrio per qualcosa che un tempo, te ne aveva creato un altro che ti piaceva di più, e ti dici che comunque questo qui ti va bene. Così esci, compri le sigarette, vai a fare la spesa, giri in macchina e sfiori il passato, gli passi accanto e attraverso. Credo che si debba invece rischiare negli affari della vita, rischiare, togliersi sto salvagente e provare a farsi una gran bella nuotata,adagio, questo si, avendolo, comunque sempre a portata di braccio. 
Perchè poi fa male indagare in faccende non assaporate a fondo, avrai nuove amicizie e anche lì sarai tentata di essere prudente, e lo sarai, comunque. Quindi la paura ci sta, è un accessorio che smorza la spavalderia, la saccenza, la sicumera, che dir si voglia, la paura è un buon accessorio, che ti sprona a vivere, a nuotare, con un briciolo di prudenza, che ti porta più lontano.

martedì 25 novembre 2014

Non ditelo mai " Scusate se esisto"




Lei intelligente oltremisura, goffa e sfigata, lui bello da paura, con un culo di marmo e degli addominali da urlo, ma gay. Sembra, a prima vista, l'intreccio perfetto per una commedia già vista, pronta a scivolare nell'ilarità più banale e scontata! Ma, colpo di scena, non è così!!! nel film di Riccardo Milani, " scusate se esisto"si ride, ah se si ride, direi che si è in preda a divertenti convulsioni dalla prima esilarante scena. Ha un buon sapore questo lavoro cinematografico, perchè c'è tanto di quello zucchero che ti resta sulla lingua e che nasconde bene l'amaro. Attinge, a piene mani, da trame già viste, ne ricorda l'intensità, stesso pathos agro-dolce, " Il vizietto, Mine Vaganti; il Milani, segue le orme di Ferzan Opzetech, un nodo, una omosessualità sottaciuta, nascosta,  agli affetti più cari, e poi in altre scene, condite di eccessiva, a mio avviso, esuberanza, quasi a scivolare nel grottesco, ricorda il telefilm " Tutti pazzi per amore", che io personalmente ho visto e seguito, con rinnovato divertimento, ma che ha tutt'altro effetto in una pellicola cinematografica. La sfigata Serena Bruno, è un giovane architetto di talento, che indossa i calzettoni, che è in preda ad un orgasmo multiplo, mentre il belllissimo Francesco, titolare del rinomato ristorante, dove lei lavora, come cameriera per arrotondare, le fa un massaggio ai piedi, a fine serata lavorativa. Scena questa carica di un energia erotica che fa un baffo a nove settimane e mezzo, tanto è poco calibrata, improntata alla schiettezza, e ordinarietà, e perchè no potrebbe accadere, nell'immaginario femminile, ad ognuna di noi. Traspare, bellissima, la delicatezza, la sensibilità di Francesco (Raul Bova), che è nota comune a tutti o quasi tutti, gli omosessuali, (io per esempio ne ho diversi di amici gay e hanno una sensibilità e una dolcezza che gli uomini con la U possono solo immaginare). Tra i due nasce subito un rapporto forte, bello, fatto di complicità, di affetto vero, e in una notte alcolica, finiscono anche a letto insieme, come due amici, un pò troppo amici, ma non sto qui a svelarvi tutto, non andreste più a vederlo sto film, ed invece, direi che è proprio il caso che ci andiate. Serena Bruno, altro che sfigata, altro che goffa, poco femminile, e quant'altro, si sporcherà la bocca di farina, fagocitando con avidità un panino imbottito, mentre scorazza imbacuccata fino al collo, con un motorino rosso preistorico, non sarà una sex-symbol, e chi se ne frega se poi è una con cotante palle??... Ebbene si, in un intreccio esilarante, carico di colore, a tratti condito da note kitsch evidenti, da idiomi coloriti, da scene caricaturali portate all'eccesso, da una comicità che la fa sempre da padrone, arguta e pungente giunge, forte e amara la consapevolezza di un sistema sbagliato, di meccanismi sociali marci, dell'esistenza di gerarchie che dovrebbero ormai essere superate  e sfumate e che invece, sono causa di drammi esistenziali, piccoli e grandi, che danno vita al farsesco, ad un qualsivoglia mezzo per poter, in un certo qualmodo vincere e spiccare, o semplicemente vivere dignitosamente in una società che non lo permette. Tabù, discriminazioni, bugie, farse, e qui l'amaro, che non  è quello di un buon cioccolato fondente che si scioglie sulla lingua, ma quello del fiele, che anche lo zucchero non riesce a cacciar via. E invece la bella Serena Bruno, che poi diventa anche bella, a furia di apprezzarne le doti interiori, la testa, le palle, che dovrebbe avere un uomo, e in questo caso, a ribaltare la trama, spuntano ad una donna, prima anch'ella, vittima di un sistema, di un piccolo sistema, poi in grado di capovolgerlo, cambiarlo, abbandonarlo, questo si, ma con la dignità che solo noi donne riusciamo a conservare. Ed io in questo film ci ho visto questo, un manifesto per la donna, che è sempre capace di rialzarsi, di lottare, di vincere, con la tenacia e il carattere che la contraddistinguono. Serena Bruno, cambia un sistema, è un pò quello che nel nostro piccolo, dovremmo riuscire a fare anche noi tutti, uomini e donne, cambiare un piccolo sistema, finchè piccoli sistemi non diventeranno un grande sistema " cambiato". Credo sia questo il messaggio di questo zuccheroso film, un pò come la morale nelle fiabe di Fedro. Un angolino a parte voglio dedicarlo a tutte le fan del commissario Calcaterra,  forse volutamente, per addolcire l'amaro, Nicola, nella pellicola, grottesco, kitsch, colorito, nell'aspetto e nell'accento, spogliato, diseredato, di tutto il fascino che il mondo femminile gli ha sempre attribuito e riconosciuto nella serie " Squadra Antimafia", che mai ti saresti immaginato in quei panni. Calcaterra dopo questo film, credete a me, non sarà più lo stesso della scena hard di qualche tempo fa, con la Rosy alle corde,  e questo con la soddisfazione di tutti gli uomini che lo detestano. Andatelo a vedere sto film e non ditevi nè pensate mai di voi stessi " scusate se esisto"!

martedì 28 ottobre 2014

Il giovane favoloso.


" Il giovane favoloso", film azzeccato già dalla locandina, che ritrae il giovane Giacomo, a testa in giù, come a dirci che il suo mondo non era sulla terra, ma tra le nuvole, nell'immaginario più fervido e alienante. Magistrale interpretazione quella dell'attore, nei panni di un Leopardi arguto, bizzarro, sensibile e struggente, sin dalle prime scene, che lo raffigurano, mentre, curioso nell'accezione più piena e intensa del termine, sbircia al di là di un muretto di arbusti, che sembra alzarsi e abbassarsi, quasi a rappresentare, in un primo momento un orizzonte chiuso dalle piante, e subito dopo ciò che può scorgersi, oltre le stesse, un orizzonte libero. L'inquadratura del regista si sposta all'infanzia felice del giovane ancora leggero e leggiadro nei suoi giochi con i fratelli, e in una corsa a vista cieca nel verde cortile, dove si coglie palpabile la spensieratezza di spirito e la fiducia in un futuro prossimo.Il discorso filmico segue una sua linearità cronologica, una narrazione a tratti lenta tanto è intensa, intervallata da continui rimandi, citazioni letterali e scansioni teatrali dal forte sapore leopardiano. Si viene subito a contatto, come se si fosse li, spettatori attori dell'intreccio, e non spettatori passivi su una poltroncina di un cinema, con i primi tormenti di Giacomo, nati nell'odiato borgo natio di Recanati, dove una famiglia " prigione", uno studio matto e disperatissimo, un'educazione e una morale troppo rigide, li alimentano, senza respiro. Indimenticabile, la scena di Giacomo mentre struscia sulle pareti polverose di pergamena di libri, vinto dal tedio e dalla malinconia che invoca e rifugge al contempo. Unici appigli l'affetto dei fratelli, e un legame epistolare fortissimo vissuto con intensità quasi orgasmica dal giovane favoloso, che piange felice, si contorce e si commuove oltremodo, quando riceve le lettere amate di Pietro Giordani,l'amato Giordani, che con le sue lodi, la sua costanza nell'interesse verso il Leopardi, lo solleva dalle sue cure, e lo incita a mettere la testa nel mondo e ad abbandonare la sofferta e tediosa Recanati. La scena impressa a mo di chiodo fissato alla parete è quella di Giacomo, che una notte, concitato e bramoso di un nuovo orizzonte che non sia il suo borgo, la sua siepe, in modo così intenso e struggente, decantata, inciampando nelle scale tanto vinto dalla foga, si illude di fuggire, con una valigia piena delle sue sudate carte, con negli occhi un bagliore di speranza che lo fa rifulgere come una fiamma viva, stesso bagliore che si perde nello sguardo freddo e sadico del padre, che scopre essere il cocchiere della carrozza della salvezza, e Giacomo lo fissa in viso col  gelido terrore della meraviglia negli occhi, quasi si fosse imbattuto in Lucifero. Recita Giacomo, si rifugia su quell'ermo colle e canta l'infinito che non smette mai di rincorrere e anelare. Da Recanati, a Firenze, a Napoli, nodo centrale, scenario fisso è una finestra, che da sulla realtà che vive il Leopardi, dalla casa paterna, dove lo stesso vede ogni giorno la bella Teresa, alla casa di Napoli che da sui vicoli di una città enorme e caotica, a Villa Ferrigni di Torre del Greco, dalla quale poteva scorgere la grandiosità dello sterminator Vesevo. L'orizzonte di Giacomo è sempre il medesimo, sebbene muti nell'ambientazione e negli anni, uno scrittoio, una sedia, e una finestra che da su un piccolo o grande mondo. Reminescenze scolastiche non mi hanno permesso di ricordare un Leopardi che mangia golosamente gelato, a dispetto delle prescrizioni mediche, che passeggia ricurvo, toccando ad ogni scena che passa, quasi la terra col mento, vestito elegantemente, e con tinte vivaci e accese da offuscare quasi il suo risaputo pessimismo, un Leopardi che scappa via da un bordello, dopo essere sfuggito ad un incontro con un transessuale perchè deriso dagli scugnizzi. Un Leopardi perso nella sua poesia, drogato dalla recitazione, e che droga, chi lo ascolta, un Leopardi,  che beve vino, mangia e brinda allegramente fino a notte fonda con alcuni popolani in una delle tante osterie del centro antico, un Leopardi, che talvolta, contrariamente a ciò che uno può ricordare, muove al riso, appunto favoloso, brillante, tenace nelle sue convinzioni, ribelle. Che ha lo sguardo che sfida nei salotti fiorentini, quanto in un bar dove aspettando il suo gelato, viene istigato ad una arringa difensiva che ha tutto il raffinato sapore di un ironia mitteleuropea un pò alla Thomas Bernhard o alla Elias Canetti, sulla pretesa felicità delle masse, insomma per dirla in una parola, un Leopardi vivo. Sfuma sullo sfondo quel pessimismo che ce lo ricorda, e che lo avvince, invece, quasi violento, in alcune scene, dove il phatos la fa da padrone, la morte della bella Teresa, gli aneliti d'amore 
respinti per la bella Fanny, le sofferenze del corpo, gli occhi che non vedono, il gobbo che lo invalida, un corpo quasi informe e dolente, che il Germano muove ad arte nell'impaccio. L'avvincente trama, si snoda in un susseguirsi di scene, quasi tutte, interpretate dal Germano, fuori da una giusta, mortificante misura, dove, occhi, corpo e anima parlano la stessa lingua. A rompere, a mio avviso, il marmoreo pessimismo leopardiano e a lanciarlo in una contemporaneità che ce lo fa, forse amare di più, è la colonna sonora dell'intero film, le musiche dell'autore tedesco Sascha Ring, che a mò di suggestiva cornice ripercorrono le scene intinte di una scenografia dagli effetti ipnotici. A me Leopardi piacque prima,ma dopo questo film mi piace di più. La cosa bella di questo film, è che ti fa guardare ad un poeta lontano e vecchio di polvere con occhi nuovi. E qui vi lascio la citazione che più mi è arrivata "... "Chi dubita, sa! E sa più che si possa"!!!

martedì 14 ottobre 2014

L'insostenibile peso della vacuità.















L'insostenibile leggerezza della vacuità. Qualcuno che aveva i numeri, non di certo io, che sono solo una blogger che trabocca di fantasia e ardore, ma uno con le carte in regola, anzi le parole, ha scritto un libro dal titolo più o meno simile, più meno che più, simile intendo. Quel titolo lì era " l'insostenibile leggerezza dell'essere" di un certo Milan Kundera, che a mio modesto avviso di insostenibile aveva tutto, di leggero, il nulla. Non a caso, vi cito un passo tratto dallo stesso "..Il mito dell’eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un’ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla”. Mo ditemi voi, questo come faceva ad avere sti numeri, io ci ho pure provato a leggerlo, attratta dal titolo che risuonava nella mente come un eco cui non era possibile non dare ascolto, ma è rimasto lì nella libreria, ho vagheggiato quel tormento palpabile e l'ho lasciato riposare in quelle pagine mai aperte. La mia sintetica, telegrafica recensione sarebbe " cambia libro, che sei in tempo"!.. Vabè ma la mia è tutta invidia, capirete bene, una modesta blogger con Kundera che c'azzecca?.. E menomale! Però, e questo pezzo ne è la riprova, anche un libro non letto può arricchirci, proprio perchè non l'abbiamo letto, e può, come dire, fornirci, come alla sottoscritta in questo caso, l'ispirazione per buttare giù due righe da modesta blogger raffreddata, vittima del balletto meteo di questi giorni, che si porta appresso una scorta di kleenex pronti all'uso e che ha un naso rosso come la famosa renna di Babbo Natale. Mi ispira " vacuità", io muterei il titolo in " l'insostenibile peso della vacuità", si badi bene, senza alcun riferimento alla trama del romanzo, che personalmente ignoro. Se ci pensiamo bene, e ci riflettiamo un pò su, nulla più della vacuità ha un peso insostenibile. Il vuoto va riempito, ma non a caso, va riempito con ciò che davvero è capace di riempire. Ora ci addentreremo in cunicoli senza uscita, la vacuità non è sostanza, ha un peso insostenibile, è come se ti affanni a riempire qualcosa in tanti modo diversi, ma ti accorgi che il contenitore pieno all'orlo, si svuota sotto i tuoi occhi, all'improvviso. E' come quando qualcuno, ti sciorina una serie di belle parole, confezionate ad arte, con fiocco, e a queste belle parole, non seguono fatti col fiocco, un pò la storia di tutte le storie. La vacuità. Quanto tempo perdiamo, tempo inutile, che nessuno ti ridà più indietro, prezioso, dietro a storie di vacuità, se solo ne avessimo consapevolezza in fretta, scapperemmo via, anche se quella speranza di trovarci sostanza, ci molla per ultima, maledetta speranza, e quasi quasi fotte la vacuità, ma la fotte solo in apparenza. Perchè la speranza che nelle cose della vita, che nelle persone che si incontrano nella vita, nelle storie della vita, la speranza è di trovar sostanza. Però in fondo, bando alla sensibilità, bè anche la leggerezza della vacuità non è male, un pò ti distoglie dal frastuono che crea la sostanza, perchè per quanto speriamo nell'una, la vacuità è più leggera, pesa di meno, è meno ingombrante. Forse, vi sto volutamente scombinando le carte sul tavolo da gioco, forse, cerco la leggerezza della vacuità, forse anelo alla sostanza, all'insostenibile leggerezza della sostanza, per dirla alla Kundera.




venerdì 19 settembre 2014

L'ovo sodo.












Oggi Voglie letterarie ha il magone.E' come quando hai ingoiato un grosso boccone che è rimasto fermo in un tratto dell'esofago, senza andare nè su nè giù, e ti senti quell'ovo sodo incastrato. 
Ti chiedi se scenderà giù fino allo stomaco o se se ne starà lì sospeso a darti fastidio.Le emozioni sono tutte in quell'ovo sodo lì,e quando scende giù in fondo c'è la felicità. E il circuito del pensiero, il lavorio dell'ingranaggio, che qualcuno coglie da fuori, il rumore del pensiero, che sai che non va bene, meglio fare, meglio l'azione al pensiero, ti libera dall'ovo sodo.Diamo troppe cose per scontate, come la presenza di qualcuno,sempre, e invece la vita ti dice che ogni cosa, ogni sorriso, ogni presenza è un regalo, un dono e finchè ce l'hai puoi goderne.Scontato è l'aggettivo meno scontato che possa esserci, nulla lo è, forse neanche i silenzi in cui ci trinceriamo per non amare.La verità è che abbiamo paura che tutto sia, come dire, di passaggio, che niente duri, forse non dura davvero, eppure noi ci attacchiamo con la colla alla vita e alle cose della vita e la facciamo durare e le facciamo durare. L'ovo sodo poi in fondo è di compagnia, ti leva il respiro,ti blocca le parole, ma è una presenza.Non siamo preparati a non incontrare chi prima incontravamo, anche solo per caso, per un saluto, per un sorriso.Basta vedersi e assicurarsi della reciproca esistenza, un"ciao" di passaggio anche a un conoscente, un amico non molto amico, ti rassicura comunque della sua esistenza. Poi qualcosa si rompe, per una legge di natura che non accetteremo mai, per un gioco del fato che non scenderà mai giù, che si incastra in gola come un ovo sodo, e quella logica di esistenza si rompe, l'anello si spezza e un magone che nemmeno ti spieghi ti rompe, ma non tocca l'ovo sodo, quello preme e premerà ancora fino a che la frenesia del quotidiano, la velocità dei giorni ti distrae e l'ovo sodo scende giù.

lunedì 25 agosto 2014

Mi basta il 20 politico.

L'estate 2014. Non c'è che dire, grande attrice, ha finto di continuo, non si è mai mostrata, se non per un periodo breve e intenso. Ci ha dispensato grasse nuvole, cieli plumbei, morsi settembrini, pioggerelle e aria da frigo, non si è mai concessa, ha temporeggiato a lungo, prima di scoprirsi in tutto il suo calore. Che ci vuoi fare, pare sia femmina e le femmine si sa, sono volubili, capricciose e talune si fanno attendere, assai. Certo è che è stata estate, è ancora estate, ci mostra la sinuosa coda in bella vista, come una gatta sorniona che nascosta dietro al sofà lascia volutamente intravedere la lunga codina elegante e pelosa acciambellata a regola d'arte sul parquet. La gatta, però, fa ancora le fusa. La bella stagione, che s'era addormentata, di colpo si è svegliata nel bel mezzo di un agosto soleggiato e caldo, umido sulla pelle. Mi sono licenziata dal blog, si fa per dire, una brevissima tregua, giusto per capire quanto la fame salga e la sete mi assale. Traboccante è l'aggettivo consono. Traboccavo di voglia su Voglie. Mi è mancato il mio angolo di paradiso virtuale e mi auguro di cuore, che io sia mancata a voi. Certe mancanze vanno sanate a furor di nero inchiostro. C'è stato un periodo in questo tempo qui, in cui la mia mente curiosa si è arrovellata sulle persone. E la conseguenza immediata è che mi è venuto il mal di gente. Si! Non avrei mai creduto di poter dare così tanta importanza alle persone, a quelle che hai già incontrato e che vuoi o non vuoi, ami, a quelle in cui inciampi per caso o per fato e che in un certo qual modo ti danno qualcosa o ti tolgono qualcosa, dipende un pò da che punto guardi. E' curioso! Le persone hanno un potere, delle volte hanno il potere di farti sorridere, di farti piangere, di farti riflettere. Le persone che incontriamo, esattamente così come sono, normali, se un concetto di normalità può esistere, strampalate, con un io più o meno marcato e definito, marionette, forti, fragili, influenzabili, convinte delle loro convinzioni, insomma nell'immenso e variegato calderone del mondo, noi incontriamo le persone, e ognuno di loro, se ci prestiamo attenzione ci dice qualcosa, ci da qualcosa prima di perdersi per le strade del mondo, strade su cui, magari, le incontrerai ancora in nuovi contesti, in nuovi scenari, nella tua vita. Perchè si sa, il mondo è fatto di strade, in discesa, in salita, a caduta libera, ma di strade, innumerevoli strade in cui ti ci imbatti e incontri. A un certo punto gli esami che ti fanno queste persone qui, diventano un pò gravosi, e ti senti una vocina dentro convinta che ti dice " dovresti far questo, dire questo, non dire quello che senti davvero, sottacere, fingere, non essere troppo vera, nè troppo diretta, mediare, non esprimere il proprio gretto punto di vista, senza prima portarlo a raffinare, a smussare angoli, a levigare la materia, e quello che è peggio la voce continua e incalza con " non è mica permesso sentirsi così, devi provare queste di emozioni, perchè quelle altre che stai provando ora e che ti fanno sentire sottosopra dentro, in fondo, bè no, non vanno bene, non si può". La gente ti piazza davanti un cazzo di codice com portamentale e tu o lo assecondi e allora ti arriva l'accettazione, quasi tacita, o scegli di essere quella che sei, e che tu vada bene o male poco ti frega, hai la tua di accettazione e sai bene, perchè è già successo che ora ti senti così, un pò rotta dentro, il tuo paesaggio è stato un pò rovinato, quella morfologia fisica si è un pò modificata, e tu ci fai i conti, osservi in silenzio il tuo paesaggio e ti tieni sto mal di gente, perchè qualunque cosa fai e dici non va mica bene, e sai che c'è chi se ne frega!... Insomma io sto mal di gente qua, ce l ho avuto, e per una come me, che è un animale sociale, pare na cosa seria. Invece a un certo punto, così dal nulla ti viene, perchè sei stanca di dare, perchè hai quasi paura di dare ancora, e di scoprirti dopo, col mal di gente a palla. Che poi, sto mal di gente a palla, per quanto ti tenga, come dire, cautelata da nuovi incontri con le persone, ti fa apprezzare, che non è mica roba da poco, quella che sei, in tutti i tuoi sbagli. Perchè poi inevitabilmente le persone ti mettono sotto esame, ti mettono in discussione, ti mettono in gioco. Io, sapete, non voglio il 30 per stare bene, mi basta il 20 politico.  

lunedì 21 luglio 2014

Ciao Asif.


L'estate sta via via consumandosi. Come un bene di consumo, si!.. Tu compri una crema, per esempio e vedi che via via che la usi si consuma, il tubetto ancora è pieno, manca più di un mese e mezzo e poi sarà finita la crema solare e consumata l'estate. Ho un gran magone che non mi molla da giorni, per l'esattezza da venerdì. Sono sulla linea d'onda del " fuck you" quest'oggi, rivolto a nessuno in particolare e a tutto il mondo in collettivo. Non si può " scegliere" di buttare una vita, un'intera vita, la tua da una finestra, così un giorno, in un momento, fare un salto nel vuoto, non si può. Così è morto Asif, una persona tanto bella dentro quanto fuori, conosciuta su un lido ad una festa, un anno fa. Io non lo so che cosa può frullare nella mente della gente, quanta solitudine può farci ammalare, quante cose che ci teniamo dentro, non concedendo loro la giusta esplosione, io davvero non lo so, quanto vadano a male le cose che ci teniamo dentro, quanto il pensiero logori e corroda, non lo so. Io credo che fino alla fine dei miei giorni penserò che la vita è un dono di inestimabile bellezza e valore, che anche nei momenti in cui quella luce interiore si spegne, bè possiamo aggiustare tutto, possiamo, abbiamo il dovere di riuscirci, di rimetterci su on, di non farci durare troppo a lungo pene e cure. Avrei voluto essere lì e dirglielo, e dirgli che la vita è bella, come dice Benigni in un film, e in quel caso lì così bella non lo era, avrei voluto abbracciarlo forte e dirgli che passerà, che è solo un momento, avrei voluto rivedere quel sorriso bellissimo anche quest'estate, perchè sarebbe venuto qui nel salento per le vacanze e ci saremmo salutati. Quel bel ragazzone dalla pelle olivastra, i tratti indiani, gli occhi scuri e profondi, le mani grandi e quel sorriso irripetibile di denti bianchi. Non lo vedrò più quel sorriso e non potrò più dirgli che passerà, che verrà un giorno nuovo, che quello che vuol fare non ha senso, che un giorno sveglio dal torpore in cui era caduto, avrebbe riso di quel pensiero. E invece io non gliele ho potute dire queste cose e non potrò farlo mai. Eppure qualcuno, non io, io ero troppo lontana da lui per capire, per accorgermi, ma qualcuno più vicino come non ha potuto capire cosa stava per accadere???.. Non me ne capacito. Penso che a volte basta una parola di conforto, un abbraccio, una mano tesa verso qualcuno, un semplice slancio d'affetto e ogni cosa intorno a noi può assumere un significato nuovo, diverso. E poi invece mi accorgo che sono parole, soltanto parole, perchè anche con tanta gente intorno, ci si può sentire terribilmente soli. Bisogna essere sanamente egoisti e tenersi stretti al cuore gli affetti che contano, dire alle persone che abbiamo vicino, intorno, che li amiamo, per non rischiare di aver perso del tempo non facendolo. Solo l'amore ci salva, l'amore verso noi stessi e quello che ci spinge verso gli altri e ce li fa amare, solo quello conta. Sapere nel profondo di amare qualcuno è la più bella delle certezze che si possano avere. Asif non c'è più, l ha crudamente deciso, l'ha pianificato freddamente, l'ha pensato in un momento e ha seguito quell'impulso terribile, non lo so, non ho chiesto e non lo voglio sapere. Voglio avere il ricordo di quella sera sul lido, un ragazzo bello e fiero che ballava e rideva con i suoi amici sotto la luna. E' incredibile di come tutto assuma un significato diverso davanti alla morte, è come se questa nera signora ci dicesse " tu della tua vita non hai capito niente, e sei ancora qui, puoi ancora fare tutto quello che non hai fatto, puoi dire tutto quello che non hai detto, puoi andare da qualcuno e abbracciarlo forte a te, abbi il coraggio di vivere la vita che vuoi veramente, lei ti dice che puoi fare. La morte degli altri dice a te che sei in tempo. Ed è una cosa forte da digerire, neanche se bevi più bicchieri uno dietro l'altro riesci a spegnerne l'amaro. Io non posso fare più niente per Asif, ma una cosa sento di poterla fare, oltre che  ricordarlo, vivere ogni giorno intensamente, carpire l'attimo che fugge, vivere nella verità delle mie emozioni, anche se costa, anche se può essere scomodo, delle volte. Ma davanti alla morte degli altri, tutto diventa incredibilmente chiaro, come se la nebbia si diradasse a un tratto. Fai buon viaggio amico Asif. 

lunedì 14 luglio 2014

Il re del niente.


Sveglia nel cuore della notte col cuore che mi tambura in gola e non riesco a fermarlo.
Hanno arrestato Grignani!!!.. Lo so bene, mica è nella mia vita, mica ci ho mai parlato, ma è il compagno più fedele della mia adolescenza, quel falco a metà che mi canta dentro da sempre, probabilmente. E sono arrabbiata e vorrei gridarlo al mondo, a questo mondo di finto perbenismo e apparente integerrimita'. Come amare qualcosa o qualcuno che di perfetto, se vogliamo non aveva/ non ha nulla!!..E' un uomo difficile e allora?... Non ha mai fatto mistero della sua fragilità, e quindi perché questo spietato accanimento?... Ma per caso la gente è sempre così perbenista e forte e integerrima da non avere una crisi, un attacco di panico, da non rifugiarsi in un mondo artificiale, dal non ricercare stimoli se vogliamo non proprio ortodossi in dell'altro?.. Io non lo giustifico, attenzione, non sto qui a fare l' avv.  difensore di un uomo debole, e che ha commesso degli errori, e che merita le conseguenze di tanto. Ma lo sapete voi perché mi piace Grignani? Non solo perchè da adolescente intonavo le sue canzoni e mi montava una pioggia di brividi sulla pelle, perché mi piacciono i suoi testi, ma perché nel suo grido Rock sento un gran senso di libertà pervadermi, perché quando ascolto "liberi di sognare" sento che ogni cosa di questo mondo anche la più lontana da me, può essere alla mia portata, perché lui è uno che nella vita non è mai sceso a compromessi, perché forse è bello e dannato, e come formula può essere un pò obsoleta,  ma è fuori dal palcoscenico un uomo normale, con le sue debolezze e le sue fragilità, con quella mancanza di stimoli che ti fanno sentire vivo al mondo, e con quella ricerca, esattamente come ognuno di noi in qualcos' altro che te li regala!.. Forse questo qualcosa di altro non è propriamente ortodosso, ma chi stabilisce cosa lo sia in un mondo che funziona al contrario??... A suo modo, credo, forse neanche tanto intelligente o studiato, perché lui è come un testo di una sua canzone che amo, " sincero e leggero" come non conviene, (ma quello è il sangue che gli corre nelle vene), da in pasto più o meno gratuitamente le sue debolezze, e i più vi si accaniscono come iene su una carcassa umana. Perché bisogna necessariamente ballare la danza degli altri, perchè bisogna assecondare il balletto perfetto, essere l'uomo perfetto?.. Per la felicità di chi?... per non deludere le aspettative di chi? Perché, la verità è che essere davvero liberi ha un caro prezzo. Il Grigna ha sbagliato, ma non ha volutamente, coscientemente fatto del male a nessuno, come invece tante bestie che chiamiamo uomini, fanno! E' un compagno di vita, forse non facile, ma eccezionale, e' un padre meraviglioso e premuroso con i suoi bambini, e invece già imperversa alle radio la nomea di cattivo esempio come padre, ma cosa ne sa la gente della gente? Si è pronti a giudicare, a ferire, a montare su un inferno, non considerando che quell'inferno è la vita di un uomo, che ha avuto l'unica pecca di mostrare sotto l'effetto d'alcool la propria fragilità e vulnerabilità. E' che a volte, quegli animi complessi, quelle menti complicate, quei geni creativi, e lui è un chitarrista, un cantautore, un artista, un rocker,   hanno qualcosa dentro di così bello, ma a volte, di naturalmente, congenitamente contorto che si trovano a pagare un prezzo molto salato per quella sensibilità e fragilità, e ci sono nati con quella voce interiore complicata, con quella complessità inestricabile, non possono di certo sbarazzarsene, magari si potesse, bisogna farci i conti, perché siamo fatti di carne e sangue e ossa e di fottutissime emozioni. Quindi io che ascolto Grignani da sempre, che lo amo da sempre, che sono una fan della sua musica, del suo estro, del suo pensiero, della sua arte, non posso credere che abbia scientemente fatto qualcosa che va contro quello che è, contro la sua natura umana, come lui stesso scrive e canta. Chi al mondo non beve un goccio per annegare un disagio, un dispiacere, chi è così cristallino, chi?... Bè sia pronto a scagliare una pietra allora!!! Io il re del niente, il falco a metà, la fabbrica di plastica, natura umana, ribellione, bè me li sento addosso, a volte mentre sono in macchina e vado ascolto la sua musica a tutto volume e canto le sue canzoni a squarciagola. Liberi di sognare e di vivere come ci va, non vuol dire fare quello che lui ha fatto, vuol dire essere se stessi fino in fondo, non ingannare se stessi mai. " Com'è fragile, com'è strana questa mia natura umana, lui stesso lo canta, senza nascondersi dietro a un dito e senza aver mai negato di essere un uomo facile, senza aver mai ammesso di essere il re di qualcosa, essendosi sempre sentito il re del niente. A me piace moltissimo quel pezzo ed io capisco perchè a volte è meglio sentirsi ed essere il re del niente, perchè essere il re di un qualche regno, vuol dire averne la responsabilità, volerne essere sempre all'altezza e voler mantenere questo regno qua, ed è una grandissima fatica. Essere nessuno, invece, essere il re di nulla, può voler dire poter essere nella propria libertà qualsiasi cosa. Ora che sia stato debole, lo è stato, fragile? lo è stato, ma non lo condanno, lo assolvo con formula piena. E che nessuno si permetta di dire che non è un buon esempio, non è un buon padre, non è nulla di buono, nessuno giudichi mai nessuno. Da un paio di settimane è uscito un nuovo singolo, che ho già ascoltato, " non voglio essere un fenomeno" che anticipa il nuovo album di settembre prossimo, " A volte esagero". Ha, di fatto, esagerato, e credo ne abbia assoluta consapevolezza da quanto ha scritto e rilasciato alla stampa. Io credo in lui, e continuerò a farlo, credo in come mi fa sentire la sua voce, nell'energia che mi trasmette, io! Per quanto riguarda voi, sto provando a trasmettervi quello che sento io, che penso io, e non ho la presunzione di riuscire a farlo, ma ho il sacrosanto dovere di provarci. Forza Grigna da Voglie Letterarie.


martedì 8 luglio 2014

L'esercito del selfie.



La bella Catherine Spaak nel 1964 cantava " .. Noi siamo i giovani, i giovani, più giovani, siamo l'esercito, l'esercito del surf", che pronunciato letteralmente suonerebbe come "serf". Oggi siamo i giovani, i giovani più giovani, siamo l'esercito, l'esercito del sel-fie.
Il punto è che oggi più che al surf si pensa al selfie. Imperversa la moda dell'autoscatto, la mania del selfie, uno respira e si fa un selfie. E' dilagante e preoccupante! Questa piccola parolina qui, anche aggraziata se vogliamo, il suono in inglese non è male, è ormai entrata da un anno a questa parte nell'uso comune, e non solo, anche nel vocabolario della lingua italiana e c'è di più, è la parola più celebrata dell'anno 2013 nel prestigioso Oxford Dictionary. 
Chiaramente il selfie è figlio della network society, di facebook, twitter, instagram, telegram, e chi più ne ha, più ne metta. L'immagine, quindi, ha superato di gran lunga la parola, grazie all'estrema facilità con cui le nuove tecnologie consentono di produrre contenuti fotografici, alla dilagante abitudine sempre più in voga di una sorta di disimpegno comunicativo e alla verbalizzazione di pensieri e stati d'animo. Basta una smorfia, un sorriso, una faccia espressiva e comunicativa di una qualunque emozione, basta puntare un dito sulla fotocamera del proprio smartphone o i-phone, e il gioco è fatto, dopo studiati e accurati tentativi di ritocco, giochi di luci/ombre, effetti perfezionistici, si passa alla mossa successiva, al famoso condividi e poi si aspettano i like. E certo perchè mica basta piacere a se stessi, e chi se ne frega di chi ti vede, eh no, bisogna sapere di piacere al mondo intero, ed ogni notifica ne è la riprova. i social come caffè letterari? Forse inizialmente l'idea poteva anche essere questa, e ben venga insomma un'idea così, peccato che dopo il parto è emerso dell'altro. E' come se quest'esercito di giovani e meno giovani si fosse guardato nello specchio e il riflesso è distante dall'idea del caffè letterario che dir si voglia. Che poi, si trattasse solo di facce selfiate, bè no, pare sia il momento degli autoscatti dalle gambe in giù, o dalle gambe in sù, dove il panorama o paesaggio artistico o naturale che dir si voglia, bè ritrae volutamente dell'altro, non a caso insomma, e se n'è intravisto anche qualcheduno " hot" che lascia poco spazio al senso del pudore e al vedo non vedo tattico.  A onor di cronaca, sopravvivi ad un disastro aereo, qual'è la prima cosa che fai?... Scatti un selfie! Siamo nell'epoca dell'immagine, non è ciò che è che conta, ma ciò che sembra, punto. Questa notiziola qui, che tutto pare tranne che normale, insomma, l'ho reclutata da una rivista, scioccante, a dir poco, Ferdinand Puentes, nel mare delle Hawaii, col salvagente e la coda dell'aereo precipitato in sottofondo è da pelle d'oca, o l'autoscatto dell'ascella "pelosa" di Madonna, l'autoscatto di gruppo delle star diventato il vero protagonista della notte degli Oscar. Milano, pare sia la città dove si selfia di più, poi seguono Manhattan, Miami, etc... insomma ladies and gentleman il mondo tutto si selfia! L'immagine è alla ribalta e lancia un messaggio, che dovrebbe essere very cool, almeno nell'intenzione. Ho curiosato un pò in giro e ho chiesto ai più, perchè si fanno i selfie e poi li pubblicano sui social  e le risposte sono la chiara espressione di un dilagante e inarrestabile narcisismo. Per esempio <<sfrutto  come scusa per apparire carina e questo mi fa stare molto bene con me stessa, anni 16, ragazza>>. << mi annoio, e quindi mi diverto a farmi i selfie, tra l'altro, mi impegno e ricevo molti like, ragazzo anni 24>> << Posto delle selfie quando faccio nuovi tagli di capelli o un trucco particolare, mi piace, mi diverte, mi sento bella, e mi ci fanno sentire, è un modo per dire al mondo che sto alla grande, donna, anni 36>>. E quindi può dirsi una trovata inquietante o geniale???... E sopratutto quale dinamica psicologica e sociologica spinge al selfie, il dato che emerge consistente è " Io sono qui, esisto e sto facendo questo". I social diventano così una specie di vetrina autoreferenziale, uno specchio narcisista, un mezzo di comunicazione, che rifugge il modo classico e diretto di comunicare e veicola informazioni volte a dire qualcosa di sè, a trasmettere un valore, che magari, è ben lungi da quello che si è davvero in quel preciso istante, è un pò una gara per il trionfo dell'individualismo più sfrenato. La verità è che siamo un popolo di insicuri, siamo alla continua ricerca di una nostra identità, siamo una costante reazione ai tempi del lavoro precario e delle insicurezze materiali ed emotive, siamo alla ricerca di definire una personale identità e di fissarla nel qui e ora. Gli autoscatti o selfie, possono anche essere divertenti, perchè no, un tocco di ironia che colora un pò una giornata grigia, ma sicuramente sono il modo più inflazionato nel 2014 di cercare online lo sguardo di quel qualcuno che non si trova altrove. 

lunedì 23 giugno 2014

Lettere a Nessuno.



La signora Coerenza nelle storie d'amore e di altri sensi è incoerente. Sacrosanto concetto. Ha scritto chilometri d'inchiostro imbrattando pagine vergini, ha cancellato le bozze, ha riscritto, ha cancellato ancora, ha riempito cestini di carta, ha dato sfogo al cuore e a quei sensi siti in basso, è stata soggiogata dal desiderio e dal capriccio, da sensazioni pilota che hanno guidato quella mano sul foglio, e ha scritto quel foglio, ha trovato l'indirizzo del destinatario e quella lettera, salva dal cestino della cartastraccia, è partita. E' partita col vento, l'ha soffiata lontano. Quello che fai resta.  Resta sempre come ti senti, resta sempre come qualcuno ti fa sentire. La signora Coerenza si sente incoerente, è arrabbiata, ha scritto fino al calar della sera chilometri d'inchiostro a nessuno, non ha trovato l'indirizzo. Nessuno non abitava più in quel posto, nessuno abita più in quel posto. La signora Coerenza ha perso il sonno e la fame, si è cibata di silenzi assordanti, ha chiuso a chiave la porta di casa e ha girovagato senza meta per scordare nessuno. Ha percorso sentieri mai battuti, ha sentito nuova musica, è stata tentata di ballare e poi fermata da nessuno. Nessuno non abita più in quel posto. Serve tempo perchè nessuno smetta di abitarvi, serve tempo perchè la signora Coerenza smetta di andarlo a trovare, serve tempo perchè non si cerchino più. Quelle lettere gli sono state recapitate, credo che nessuno le abbia lette, si è soffermato sull'uscio di casa, le ha tenute con se per un pò, strette nelle mani, insieme alle parole, quelle le ha fermate. Me lo figuro quasi, mentre ferma le parole, mentre ferma quel momento in cui la sua bocca le pronuncia, come a mettere un punto fermo, a tenersele lì serrate nella bocca. Le parole però sfuggono a nessuno, gli fanno male, sono parole della signora Coerenza, incoerente, bugiarda e arrabbiata, e  restano. Restano sull'uscio della sua porta, non le fa entrare Nessuno, non può. Non può dare sfogo al desiderio, uscirebbe di casa e correrebbe a cercarla, la cercherebbe invano, la signora Coerenza non abita più lì. Entrato in casa con la foga di possederla, non la troverebbe più ad aspettarlo affacciata alla finestra. Lei ha aspettato invano nessuno. Nessuno ha un'altra vita. Tornerà stanco, vinto da un desiderio bruciante di carne, inappagato, e si siederà sull'uscio della porta ad attendere. E in quel momento mentre quel desiderio di carne lo pervaderà penserà a quelle lettere a cui non ha risposto, ai silenzi assordanti, a quando era tra le sue gambe e sul suo seno, e crescerà la fame e crescerà l'assenza. La signora Coerenza non abita più lì, ha scritto lettere a nessuno, ha sentito i silenzi di nessuno, ha sentito la mancanza di nessuno, è stata vinta a sua volta dal desiderio bruciante della carne, l ha consumata, l'ha erosa fin nelle viscere, l'ha vinta. E ha continuato a scrivere lettere a nessuno, a serbare una passione per nessuno ed è rimasta anche lei ferma, immobile su quell'uscio ad aspettare. E ha continuato a scrivere,  lettere d'amore che fanno solo ridere, prima pervase di un desiderio che le anima, bruciante, pulsante, vivo, poi quasi dichiarazioni di guerra aperta, odio consumato, ostili nell'inchiostro, a Nessuno. Le lettere d'amore di Coerenza (come diceva Pessoa)  facevan solo ridere, lettere d'amore scritte senza accorgersi, e senza aver paura mai di essere ridicoli. Nessuno l'amava, e lo sapeva, ancora. La signora Coerenza non abitava più li.

domenica 15 giugno 2014

Inno di Mameli, numeriche successioni, implosioni e deflagrazioni.


Prima partita dei mondiali di calcio 2014 che vede tronfia l'Italia. Mano sul cuore e inno di Mameli, e ricomincia la festa. Ricomincia la sofferenza dei veri tifosi, di quelli in cui bolle un sangue tutto italiano. Fa caldo. Non sarà stata una giornata soleggiata, ma l'aria è greve e c'è profumo di terra intorno, quel profumo che esala dalla terra rossa bagnata e che senti solo in estate. Ho ascoltato mille brani musicali, ho letto mille cose, ne ho pensate tremila, ho fatto calcoli, ho imbrattato pagine, ho capito che funziono con la logica e che non ci so fare con i numeri, ma che ci troverà la gente nella matematica, nelle serie numeriche, non mi è mai riuscito di capirlo. Mi è montata una gran voglia di nuotare, di viaggiare, di esplorare nuove cose, per scrivere nuove pagine e sentire nuove note. E allora si ricorre alla punteggiatura e scegli un simbolo appropriato. Non hai granchè da riflettere sulla scelta, quando qualcosa non funziona, i conti non tornano, o se tornano stonano, le note hanno una melodia da elettrocardiogramma che si interrompe, una virgola direi che non ti serve, l'hai già usata, poi è seguito un punto e virgola, dopo che hai a lungo perseverato su un punto interrogativo, scegliendo poi di non usarlo. Ti restano un punto e un punto esclamativo. L'attrazione per i puntini di sospensione è notevole, sottintende un forse, un chissà, un c'è tempo, un vedremo, un probabile. Scartati tutti, sbaragliati da un punto. L'esclamativo è efficace, per la carità, ma sottolinea per quanto incisivamente una condizione temporanea, pertanto mutabile. Ma tutto muta, certo! Ogni cosa muta intorno a noi, mutano le nostre cellule, mutano i venti, il corso delle cose, le stagioni, i gusti, le mode, le abitudini, ma qui subentra la matematica, la odio si, ma ogni tanto pare sia l'unica a fornirti un dato certo. Se qualcosa si ripete nel non funzionare, vuol dire che c'è una successione numerica che conferma un dato esatto, una successione numerica che non cambia, perdura immutabile a mio sfavore e non ha davvero senso alcuno perseverare col calcolo delle probabilità, specie con la matematica. Io non amo i numeri, amo le parole. Con quelle ci so fare, avrò un DNA di tante parole e pochi numeri. Io non sono una donna che si arrende facilmente nelle faccende della vita, ah per niente, lotto come un leone se voglio qualcosa, la lotta è strenua e il credo riposto totale.  Sono un'instancabile lottatrice, a volte io stessa me ne stupisco. Ma ci sono delle cose per cui lottare non serve. C'è un argomento, oggetto di un acceso dibattito, di cui mi preme parlarVi. Mi congedo da questa parentesi, forse un pò prolissa, di numeri e parole lasciandovi cogliere uno spunto per una matura riflessione. In un video Agosti, un brillante regista emiliano sciorina fluidamente convinzioni congelate sul rapporto a due, su come dovrebbe essere e viversi, e parla di incontro, un incontro voluto, desiderato, non scandito dall'abitudine e dalla prassi convenzionale. Ma se poi dopo un incontro d'amore non squilla il telefono o non c'è parvenza di una piccola certezza che uno si mette in tasca, solo per sentirne ancora l'essenza sfumata, succede il finimondo. Allora come funziona? Ci si incontra, ci si perde per le strade del mondo, si è sempre rette parallele che si incidentano in un punto per poi respingersi, e quindi ci si sceglie liberamente e ci si allontana altrettanto liberamente e quindi ci si INCONTRA. O ci si appiccica, si fa un gran casino tra aspettative dell'uno e dell'altra, proiezioni che nel 99% dei casi non coincidono, ci si prospetta a tavolino un unione?  Agosti non dico che non abbia ragione, come non dico che non abbia torto. Credo che se si ama davvero non si tradisce, non si riesce a stare senza l'altro, e credo che la cosa più bella sia a dispetto di Agosti, dormire abbracciati a qualcuno che si ama e ci ama. Il punto nodale è un altro, e credo sia a questo che alluda, aldilà di come ognuno intenda vivere la propria vita e viversi i propri affetti, che è affar suo. Il messaggio è che ciò che veramente conta, è esplodere, non implodere dentro. Ciò che veramente funziona o in due o da soli, funziona perchè ognuno di noi, scevro da compromessi, rispetta la propria natura, si asseconda e non implode, negando i propri bisogni. Far esplodere se stessi è vero amore, sentirsi esplosi quando si è da soli e con l'altro. Se così non è, stiamo andando verso l'implosione, soffocando desideri, libertà represse e voci interiori messe a tacere. Quindi Agosti o meno, siate degli esplosi non degli implosi. Dai numeri, alle parole, alle deflagrazioni mancate, alle deflagrazioni compiute. 

venerdì 6 giugno 2014

Momenti di vetro.


Ieri pomeriggio in una pausa rubata allo studio e al lavoro, sono fuggita al mare, (nel mare c'è sempre un porto. Funziona un pò come con la musica, solo che il mare non si fa sentire). La prima voluta digressione, ma credo ne siate già avvezzi, è il mio stile, mentre butto giù qualcosa, cè già qualcos'altro che incalza nella testa e non mi riesce di ignorarlo, e così funziona a catena, digressione chiama digressione. Tornando al bandolo della matassa, passeggiando lungo il muricciolo che rasenta il lungomare con lo stomaco coinvolto in un party gelato, mi si offriva alla vista un puzzle scomposto di bottiglie vuote lasciate sul muretto, disseminate qua e là. Non ho pensato al disordine, a qualcosa che a suo modo sporcava il paesaggio, lo imbrattava, lo rovinava. Ho invece subito pensato che quelle bottiglie vuote o semivuote fossero semplicemente momenti di vita lasciati a decantare su un solitario muro di mattoni, momenti. Ho pensato che cosa rimane di quei momenti, la mia mente si è subito avviluppata in intrecci, in relazioni, in giochi, in game over. Su alcune di queste bottiglie di vetro ci ho visto un GAME OVER scritto a caratteri cubicali, e restano le bottiglie. La mente è andata a due amanti che si ritrovano in una semioscurità vicino al mare ad amarsi, a raccontarsi, a viversi un momento che sembra durare un'eternità, ignari che sarebbero rimaste li quelle bottiglie vuote a testimonianza di questo amore clandestino, proibito.Erano lì immobili, come silenziosi testimoni di una tempesta di passione consumata. Da oggi in poi quando vedrò due bottiglie vicine sul muretto del lungomare, vedrò due perduti amanti.