mercoledì 22 aprile 2015

Le medianeras.



Quando signora Insonnia bussa alla porta della tua stanza, il modo migliore per accoglierla è aprirle, provvista di intelligenti munizioni, come possono esserlo, un libro, o un p.c. acceso su un canale streaming. Ed è così che l ho accolta io la notte scorsa l'insonnia, ho cercato tra i mille film proposti dal sito, e alla fine ne ho scelto uno a caso, che si è rivelato molto bello e di cui ho una gran voglia di parlarvi. Quindi signora Insonnia si è accomodata in poltrona ed è rimasta silente per tutto il tempo ad osservarmi, finchè esausta si è addormentata, lei, ovviamente. Streaming è una trovata intelligente, un pò come le reti wireless, un pò come la salsa ketchup nelle patatine, l'I-pod, il forno a microonde, i pacchetti groupon, i viaggi low-cost, e tant'altro di geniale e gratuito, o quasi. Intelligenza, poi vuol dire anche sfruttare l'intelligenza di un sistema intelligente e quindi che lo show abbia inizio!
Del tutto alla cieca, ho beccato un film cult dell'anno 2014, dal titolo " Medianeras, innamorarsi a Buenos Aires, opera prima di Gustavo Taretto. La location è la città di Buenos Aires, una città triste, che volta le spalle al proprio fiume, con numerose ipertrofie urbanistiche, mastodontiche e variegate, belle e orrende al contempo poste a metafora dell'animo stesso degli abitanti. Il film ha inizio con un susseguirsi di immagini che ritraggono questa città così convulsa e caotica dove ogni essere umano tende a rappresentare solo un numero, e delle volte un numero che si è dimenticato. Tra i milioni di persone che popolano la metropoli, i protagonisti del film sembrano essere due ragazzi che vivono una vita quasi parallela, eppur adiacente, vicina, destinati a sfiorarsi, via via sempre più vicino, fino a toccarsi e incrociarsi solo verso la fine della proiezione. Siamo in piena era internet, Martin e Mariana, vivono in due palazzoni adiacenti, dove gli stessi appartamenti sembrano essere vere e proprie scatole per scarpe, quasi completamente privi di un occhio sul mondo circostante, dove se mai dovesse esserci una terrazza, questa è talmente piccola, che un povero cane, lasciato da solo e costretto ad andare su e giù in uno spazio ristretto di pochi metri preferisce suicidarsi lanciandosi giù, dove un bimbo piccolo in sella alla sua moto-giocattolo va avanti e indietro più volte quasi a ripetere un ritornello stonato. Veniamo a Martin, lui lavora per il suo psichiatra, di cui cura il sito internet, è in cura per un problema di psicosi, ma in via di guarigione, esce molto poco di casa, vive praticamente attaccato al computer e quelle poche volte in cui decide di uscire dalla sua scatola di scarpe, bè si attrezza del suo zainetto pesante, che contiene, tra psicofarmaci, guide antipanico, anche il dvd di playTime, tre film di Tati, preservativi, etc. Insomma un vero e proprio kit di sopravvivenza. Martin è un fobico, un web designer che si è talmente rinchiuso in se stesso e nelle mura di casa, da riuscire ad uscire da questa psicosi, solo grazie alla fotografia. Mariana invece, che abita nella scatola di scarpe adiacente, è una gran bella ragazza, fragile, anche lei con nevrosi e turbe, è architetto, ma non ha mai realizzato nulla, neanche un bagno, e lavora come allestitrice di vetrine per poter sopravvivere.Ha rinchiuso fuori dalla sua vita ogni rapporto sociale, dopo un rapporto durato 4 anni con un uomo che a un certo punto, ha guardato per la prima volta, dopo anni, come un estraneo. Lei è claustrofobica, si cura poco o per niente, non prende l'ascensore, mai, si fa a piedi gli otto piani di scale per raggiungere il suo appartamento. Le piace allestire vetrine, vestire manichini, la fa sentire anonima e questo la toglie dalla visibilità, dall'imbarazzo di essere o dover essere qualcuno. Un manichino d'uomo se lo tiene in casa, come per farsi compagnia, gli fa la doccia, lo veste e lo sveste e si eccita pure con lui, dicendogli il giorno dopo mentre facendo colazione beve il suo caffè, di non illudersi perchè è stato solo sesso. Piange disperata quando l'inquilino della stanza accanto suona imperterrito il suo pianoforte, quella musica le tocca delle corde e allora tira dei colpi sul muro, per farlo smettere, o lancia con forza il suo tazzone del thè o caffè contro il muro per far tacere la musica. Mariana rifugge ogni rapporto, ogni relazione, crede di bastare a se stessa, si sente al sicuro nel suo anonimato. Quando un tipo nel negozio le chiede di uscire, lo molla al tavolo da solo e fugge via, quasi confortata per esservi scampata. Martin invece ha le sue " storielle" di poco conto, e vive con un cagnolino bianco, di piccola taglia, una barboncina, che la sua ex gli aveva lasciato in custodia quando tempo fa aveva deciso di partire, senza però più tornare. Martin si sbarazza di una poltrona con le rotelle, che trovava dannosa per la sua cervicale, Mariana, la trova giù abbandonata e la trova carina e la recupera, portandosela nel suo appartamento. Entrambi insomma sono single e sociopatici. Tristi come i palazzi della loro città e la loro facciata: "medianera", appunto,una facciata inutilizzabile, senza finestre, dove vengono appesi manifesti pubblicitari scarsamente attraenti. Pare sin da subito che Martin e Mariana siano fatti per piacersi, amano le stesse cose, ascoltano la stessa musica, frequentano la stessa piscina, piangono davanti allo stesso film, eppure mai incrociati, mai fino a quando entrambi, decidono di far aprire un buco, a mò di finestra sulle medianeras, quelle facciate inservibili. Davvero divertente e simpatico è il momento in cui entrambi si affacciano, e lei sbuca da una finestrella in alto nel bel mezzo di uno slogan pubblicitario e lui da una finestrella in basso all'interno di un paio di boxer da uomo, scena davvero simpatica e quasi surreale. Si vedono da lontano per la prima volta e sorridono, entrambi hanno voglia di uscire dalla trappola di cemento urbano che li avvolge, e di trovare una soluzione a quel caos di grattacieli e volti senza nome. Poi a un certo punto, verso la fine del film, Martin e Mariana, si incontrano, lei lo intravede dalla finestra, vestito come quel personaggio della sua vita, che in un libro illustrato che la accompagna da sempre, cerca con una lente di ingrandimento di scorgere nella moltitudine della folla, vestito con una maglia a righe bianca e rossa, e con quel cagnolino bianco al guinzaglio, lo scorge dalla finestra, in martin, riconoscendovi qualcosa di familiare e vince persino la fobia dell'ascensore, ci sale su e scende fino ad uscire fuori dal palazzo e incontrarlo. Si guardano per la prima volta e qualcosa scatta. L'ho trovato un gran bel film che da l'idea di come in un era in cui si è costantemente connessi si è poi così dannatamente soli. Un film che mostra i personaggi per quello che sono, ammalati di solitudine, tanto da rifuggire con ogni mezzo e modo il sociale, chiusi in se stessi, veri, con i loro drammi, le loro psicosi, ma veri, senza apparenze a tutti i costi. Ed in fondo dove sta scritto che bisogna essere diversi da quello che si è, che necessariamente bisogna apparire vincenti, socialmente forti e brillanti?... Mariana e Martin sono tutt'altro, fanno un uso costante di psicofarmaci seri, senza farne un dramma, vivono una vita lontano dai riflettori, perfino del quotidiano, convivono con le loro nevrosi e le loro vite anonime e sono, infelici, talvolta anche felici. A me è piaciuto molto questo film, perchè il vero coraggio non sta nel tessere le proprie lodi o apparire forti e vincenti, quello, purtroppo, sembra pagare, ma solo in una società, dove o si balla quella danza o sei tagliato fuori, perchè devi venderti bene, devi avere buone referenze, o sei inevitabilmente escluso, sei out, fuori. e quindi come tanti soldatini, ci mettiamo in riga e seguiamo la marcia, una marcia che o rende felici noi stessi o che non ci porta da nessuna parte, o meglio si, solo ad assecondare le aspettative e i bisogni degli altri. Il vero coraggio è mostrare le proprie fragilità, il proprio tallone d'achille e pensare che tutti noi, chi lo nasconde meglio degli altri, chi no, siamo incredibilmente umani.