lunedì 30 maggio 2016

Narciso infelice






" Risuona l'eco delle ultime parole"!!! .. La parola Eco, nasce da ciò che ne resta dell'amore della bella ninfa Eco per Narciso. Entrambe queste figure hanno riempito pagine della mitologia greca. Narciso era figlio della ninfa Liriope e del fiume Cefiso, che innamoratosi della ninfa la avvolse nelle sue onde e nelle sue correnti, possedendola, e da questa unione nacque Narciso, un bambino di indescrivibile bellezza e grazia che avrebbe avuto una lunga e felice vita, se mai non avesse incontrato e conosciuto se stesso. Narciso crebbe di una bellezza disarmante e senza eguali, tanto che chiunque gli si avvicinava si invaghiva di lui, ma Narciso rifuggiva ogni attenzione amorosa,  era denso di vanità e profondamente insensibile. Un giorno, mentre Narciso era in giro per i boschi, intento a tendere trappole per catturare i cervi, la ninfa Eco lo vide e si invaghì di lui, tanto che lo segui' silenziosamente per i boschi, finchè un giorno, che Narciso si era smarrito nel bosco, lei offrendosi di aiutarlo, gli si mostrò al fiume traboccante d'amore e pensieri teneri, donandosi a lui come un dono. Ma Narciso alla vista di Eco scappò via inorridito. La povera ninfa respinta, si lasciò via via morire per la passione per Narciso che fu aspramente punito da Nemesi per la sua freddezza, e mentre si dissetava nel fiume, vide il suo volto riflesso nell'acqua e cominciò a struggersi solo per quel volto, per se stesso.  " Racconta Ovidio ( Metamorfosi III, 420 e .) " Contempla gli occhi che sembrano stelle, contempla le chiome degne di Bacco e di Apollo, e le guance levigate, le labbra scarlatte, il collo d'avorio, il candore del volto soffuso di rossore... Oh quanti inutili baci diede alla fonte ingannatrice!... Ignorava cosa fosse quel che vedeva, ma ardeva per quell'immagine..."
L'immagine più esaustiva di mille parole, racconta con un contrasto netto e forte, quasi violento nella sua forma descrittiva, la bella Eco che si offre come un dono, nuda alla fonte, ad un uomo, innamorato solo di se stesso. E tutti gli sforzi, i tentativi, gli slanci della povera ninfa si rivelano vani ed effimeri. Osserviamo un Narciso completamente giogo e vittima della sua stessa immagine, incatenato a se stesso, occupato solo di splendere per tutti, che non può accorgersi di un cuore semplice che gli viene teso tra le mani. La bella Eco incontrandolo si condanna all'infelicità, e a causa di questa passione non corrisposta si lascia lentamente morire. E' evidente dalla mimica teatrale dell'immagine, il netto contrasto tra un volto che guarda nella direzione dell'altro, completamente proteso a guardare se stesso. Eco muore, ma forse la sorte più triste viene riservata a Narciso, che invece si condanna solo a vedere la sua immagine riflessa e a struggersi d'amore per un immagine che ha inconsistenza, che non può baciare, amare, toccare, perchè sfugge, si ritrova vittima di sè, pago solo di sè, o forse mai pago, si condanna alla solitudine, ad un appagamento effimero, quello di splendere per chiunque incontri, sempre attento a mantenere accesa quella luce di splendore, si condanna alla solitudine, a non avere quel naturale e sano slancio di amare qualcuno che non sia se stesso. La peggiore delle sorti in vita, non essere in un angolo di cuore di nessuno, solo che questo Narciso non lo sa, non lo sa di essere infelice, perchè è Narciso.
Veniamo a noi, staccandoci dalla mitologia, oh ma quanta fatica fa uno ogni giorno ad essere Narciso? Quanta sofferenza catalizza? Quanta solitudine ingoia?... Quanto impegno a tenere accesa la luce dello splendore vanesio?... Mah credo che Narciso sia davvero il più disgraziato dell'Olimpo, ma non lo sa, quindi da qui il disturbo di personalità, non lo sa ed è felice della sua infelicità. Bel quadretto, non c'è che dire. Si ciba di felicità, emozioni vissute con intensità al cubo, poi appena queste emozioni lo annoiano, lo tediano, ne ricerca un'altra, e ritiene quella precedente non all'altezza. Colleziona emozioni monouso, vive per splendere. Deve essere na gran faticaccia impegnarsi a splendere, stare sempre a mille sul sentiero che porta al tempio e poi rinchiudersi in una stanza del tempio a doppia mandata quando le batterie sono a terra. Povero Narciso, condannato da Nemesi a questa vita infelice. Ecco ora ve lo voglio dire, per me, Narciso era un infelice, baci vani alla sua immagine, e poi rifiuta una donna in carne, più carne che ossa che gli si offre. Ah non capiva proprio niente sto Narciso qua. Avere un posto nel cuore di qualcuno credo sia di gran lunga meglio dell'aridità emotiva e la solitudine, avere un posto in cui tornare è come ricevere un dono, un pasto caldo, un vestito da indossare, avere un porto dove attraccare. Invece Narciso vaga per i boschi e rifugge ogni genere di amore che gli viene offerto, ama se stesso. punto. Colgo una sorta di distorsione cognitiva in questa pagina mitologica. L'espressione " Ama te stesso".. è una delle più belle espressioni che io conosca, amare se stessi è il primo passo per amare gli altri, altrimenti non può esserci alcuna forma di amore sano, ma in questa pagina mitologica dove Narciso la fa da padrone, sembra la si legga come " Ama solo te stesso". Chi ama solo se stesso, chi cerca la propria immagine riflessa in uno specchio d'acqua, bè non potrà mai amare davvero nessuno, potrà planare superficialmente sull'amore, o sull'idea di amore, usare questo amore, cibarsene come un lupo si ciba degli agnelli, ma non potrà mai amare, troppo intento ad osservare il volto di se per accorgersi di un volto di donna che guarda nella sua direzione. Comunque sia resta una pagina interessante. Infelice si. ma interessante.

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